Un Caligola di periferia
Caligola pranza con i genitori, in una trattoria fuori porta.
Ha gli occhi bistrati di un antico romano versato nelle perversioni del piacere, un foulard annodato al collo come se fosse un gentiluomo francese invitato a una colazione in campagna e una felpa non troppo abbondante da American Beauty. Il mischione è evidentemente oggetto di uno studio tanto meticoloso quanto inutile.
Parla, parla, parla.
I genitori, lei – petto di pollo alla pizzaiola, grandi occhiali, un po’ bassa, un po’ sovrappeso – lo guarda adorante, come solo una madre può guardare il frutto del suo ventre, ovvero senza capire che nessun altro vedrà mai quello che lei sta vedendo e che non farglielo intendere subito potrebbe non essere una buona idea. Lui – gallina in saor, maglione di uno che lavora davvero, jeans costosi, sneaker un po’ troppo sportive – lo guarda come un padre che ha preferito lasciar annegare il figlio nei vezzi della cara consorte piuttosto che litigare con entrambi e, in fondo, a distanza di pochi metri ci sono sia l’officina che il bar con gli amici e la partita di picchetto, che non si gioca più da nessuna parte figuriamoci in questa industriosa periferia.
Caligola continua a parlare, ha bisogno di soldi, non ha bisogno di soldi, vuole autonomia, ma non perché non gli vuole bene. Etc.
Lo osservo, ascolto con la coda dell’orecchio per sfuggire il pranzo con giornale che mi sta aspettando e rubare un pezzo di presente da immaginare diverso.
Penso a Caligola, ma non questo qui che un po’ gli assomiglia e che mi viene in mente perché ho amato Camus dissolutamente, ma quello che Caravaggio non ha mai dipinto ma che avrebbe potuto creare come Bacco, il giovane dissoluto e lascivo dalle unghie sporche.
Ecco, penso osservando questo giovane Caligola, io, cretino, ho sempre pensato che Caravaggio volesse dipingere l’umanità del sacro, che le sue Madonne fossero giovani sgualdrine per dimostrare l’umanità di Maria, un’operazione molto Ultima tentazione di Cristo di Katzanzakis.
Forse non era solo così.
Esistono delle persone che assomigliano esattamente a un diverso ideale, che non solo lo rendono diversamente umano, perché è quel diverso ideale che rende loro diversamente sacre.
Caravaggio che dipinge Bacco non sta pensando a Bacco, non vuole far vedere l’umanità di Bacco, magari non gli interessa niente di Bacco. Lui capisce, con la sua immensa capacità di vedere, che quel giovane dissoluto e vestito di un lenzuolo che non è difficile immaginare sporco di sperma ed escrementi si sente Bacco e dipingendolo come Bacco dipinge esattamente la sua essenza, il punto sacro della sua essenza.
Quella Madonna non una donna vera che dona la sua castità violata, il suo dolore, la sua povertà alla Madonna. E’ una sgualdrina che solo dipinta come una Madonna trova la sua perfetta identità.
Così è del nostro giovane Caligola. Se Caravaggio lo avesse visto, lo avrebbe ritratto come Caligola, ma senza pensare al terzo imperatore della gens Iulia, all’erede di Tiberio, a Camus. Pensando a lui, perché Caligola è talmente cenere da non essere mai esistito mentre questo è qui ed è lui.