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Il cortocircuito di Verdini ed il rumoroso silenzio di Berlusconi

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
27/07/2010

Bettino-Craxi-1976-Venezia2Altri tempi ed altri mondi, quelli dell'immagine.
Il tema di oggi è di bassa cucina.
Lo legge bene Massimo Franco nella sua nota per internisti del Corsera.
Verdini si dimette da Presidente del Credito cooperativo di Campi Bisenzio – e con lui, per solidarietà, l'intero Consiglio di Amministrazione – ma non da parlamentare né da dirigente del PdL.
Per il notista politico del Corriere, il punto sarebbe che in questo modo, Verdini avrebbe dimostrato di avere molto più riguardo per gli interessi degli azionisti di cui è stato presidente per lunghi anni piuttosto che per il corpo elettorale e la forza politica che ha contribuito a costituire aderendovi sin dalla prima ora.
E' una visione corretta, ma che merita di essere contraddetta sotto un aspetto e precisata per un altro verso.
Per Franco, la funzione di rappresentanza politica è più importante di una banca.
Non è così, perché la questione non è di gerarchie fra ruoli e valori incarnati dai diversi ruoli. La questione è se il presidente di una banca possa essere anche un politico attivo senza con questo alterare la logica degli interessi perseguiti in un ruolo con quelli rivestiti dall'altro.
La logica dei prestiti di una banca può essere indifferente alla politica se il suo presidente è politicamente sensibile al punto di essere eletto come parlamentare e di coordinare il partito di maggioranza relativa nel paese? Nello stesso tempo, il partito di maggioranza relativa può essere coordinato da chi rappresenta anche gli interessi di un polo economico e finanziario di un certo peso?
Verdini, in altre parole, non si doveva dimettere da entrambe le cariche e l'anomalia non è che si sia dimesso da presidente della banca che guidava e non da coordinatore del PdL. L'anomalia, il cortocircuito nel ragionamento di Franco, è che chi coordina un partito non può essere anche il presidente di una banca e viceversa.
La precisazione riguarda il silenzio di Berlusconi, che questa volta ha sentito il bisogno di dire: Io me ne sto zitto e qualsiasi dichiarazione mi venga attribuita dai mass media domani, ovvero oggi, è una falsità ed una invenzione.
E' una dichiarazione singolare: non è nel carattere del primo ministro indossare il bavaglio e allontanarsi dalla bagarre mediatica nella quale sa sguazzare come pochi altri e non può significare quello che significano letteralmente le parole che la compongono.
Sarebbe come se Berlusconi dicesse pubblicamente che oggi il suo cervello ha preso un giorno di vacanza.
No, vuol dire un'altra cosa: Io di Verdini me ne frego, della questione morale nel PdL me ne lavo le mani, ci sono cose ben più importanti.
Triste, soprattutto se la cosa più importante di queste ore è abbassare i quorum per l'elezione dei membri laici del CSM e quindi abbandonare una logica saggiamente bipartisan nella formazione degli organi di garanzia.

Innocenti come Dell’Utri (Praticamente un Cristo in croce)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/06/2010

Screen shot 2010-06-30 at 10.16.18 AMChi scrive è fermamente convinto della innocenza di Dell'Utri.
Non tanto perché crede che i misteri della trattativa fra servizi segreti deviati e mafia siano dolorosi ed inesplicabili.
Non solo perché le dichiarazioni di Ciancimino jr. sul "papello" sembrano davvero singolari al buon senso comune.
Nemmeno perché il pentito Spatuzza è stato smentito dai fratelli Graviano e le dinamiche del pentitismo possono allontanare assai dalla verità storica delle cose, creando una verità processuale che potrebbe essere molto più mafiosa della mafia stessa.
Ma perché crede ed è convinto che sia naturale per un italiano, per qualsiasi italiano, aiutare gli amici e lavorare come trait d'union fra di loro.
Perché crede ed è convinto che la finanza si fa nei salotti molto più che nelle borse valori e che a casa sua uno può invitare solo chi conosce.
Perché crede ed è convinto che se un uomo di mondo è amico di altri uomini di mondo, tutti assieme si comportano da uomini di mondo.
Questo però non si chiama mafia.
Si chiama natura delle cose.
Per queste ragioni, chi scrive è fermamente convinto della innocenza di Dell'Utri e forse anche dell'eroismo di Mangano.
Ne è fermamente convinto e se ne vergogna.
Come è convinto che il nostro Stato non abbia bisogno di sentenze che arrivano dopo sette anni dall'inizio del processo per combattere contro tutto questo.
Ha solo bisogno di vergogna e di indignazione.

L’ammorbidente irrituale di un ministero law cost

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
28/06/2010

NapolitanoNessuna simpatia per il ministro Brancher.
Un senso di grave fastidio.
Per un ministro nominato in assenza di una delega precisa.
Per l'uso del legittimo impedimento che in assenza di una delega precisa non può essere giustificato.
Sul piano costituzionale, è il Presidente della Repubblica che ha la responsabilità politica di nominare il Presidente del Consiglio dei ministri, ma è questo che ha la responsabilità politica di nominare i ministri.
Nel caso dei ministri con portafoglio, ovvero dei ministri la cui esistenza è fissata da norme di legge generali ed astratte che individuano il dicastero e le relative competenze, la responsabilità del Capo del governo riguarda solo la persona scelta a ricoprire una carica.
Nel caso dei ministri senza portafoglio, la responsabilità del Capo del governo riguarda anche la delega che lo stesso conferisce al ministro e che deve essere giustificata da una esigenza politica concreta e ben delineata.
Qui, questa esigenza non risulta con chiarezza.
La delega al ministro Brancher è cambiata molte volte nei giornali e non è mai arrivata sulla gazzetta ufficiale della Repubblica.
La delega del ministro senza portafogli è la misura delle sue attribuzioni, la quota di potere di governo che gli viene trasferita dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Senza questo atto, non si può parlare di legittimo impedimento perché non si sa che cosa impedisce al ministro di compiere il suo dovere di cittadino e presentarsi in tribunale o lasciare che il tribunale svolga il suo compito senza la sua presenza.
Di qui, il grave fastidio per un pasticcio di bassa politica collegata al dialogo/scontro fra PdL e Lega, nelle immagini più ottimistiche, alla necessità di evitare processi imbarazzanti per l'intera compagine di governo, nelle visioni meno celesti.
Ma il Capo dello Stato non ha alcun potere di pronunciarsi sulla esistenza del legittimo impedimento.
Il legittimo impedimento è stabilito da una legge (n. 51 del 7 aprile 2010) che egli ha promulgato e che promulgano ha consegnato alla magistratura che dovrà farne applicazione.
Sono i giudici che devono giudicare del legittimo impedimento dell'imputato Brancher a presenziare alle udienze in cui è giudicato, senza che il Capo dello Stato possa intervenire.
Ferruccio De Bortoli, sul corsera di oggi, sottolinea che il Capo dello Stato ha molto apprezzato l'intervento di Ainis sulla Stampa di sabato 26 giugno.
Ainis è un costituzionalista molto serio e molto attento.
Ma il suo intervento è particolarmente criticabile: si legge che il Presidente della Repubblica è custode di valori etici e che, siccome presiede il Consiglio Superiore della Magistratura, può fornire alla magistratura stessa l'avallo per l'interpretazione costituzionalmente preferibile di una disposizione di legge.
E' un modo pericoloso di guardare al ruolo del Capo dello Stato, che in questo modo diventa una magistratura politica in grado di influenzare le magistrature giudiziarie.
Il fatto che il Capo dello Stato veda con favore questa intepretazione del suo ruolo è un messaggio preoccupante, il messaggio di una carica dello Stato in forte avanzamento verso (e contro) altre cariche dello Stato che dovrebbe fronteggiare in una posizione di equilibrio, ma che non dovrebbe accerchiare con il peso della propria irresponsabilità politica.
Tutto questo è molto pericoloso e dovrebbe essere visto con estrema preoccupazione da sinistra, perché i presidenti della repubblica hanno il vizio di non essere giovani e potrebbe essere questa legislatura ad occuparsi della sua sostituzione: un Napolitano forte è un atout delle sinistre, ma il prossimo capo dello Stato potrebbe non essere di sinistra e sicuramente si approprierà dei progressi compiuti da Napolitano nella conquista del potere politico concreto.
L'irritualità del Capo dello Stato rende meno antipatico il povero Brancher, che non si trova in una bella situazione, anche se, con un bel colpo di orgoglio, riesce a agganciare il premio del ministro più law cost della storia repubblicana, dichiarando che è perseguitato a causa di Lippi e della pessima figura della nostra nazionale.
Per fortuna, la destra si sa fare male da sola.
Perché in questo caso, la posizione di Napolitano fa male davvero.
Alla democrazia, complessivamente intesa e non solo a Brancher.

Noterelle intercettabili

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/05/2010

Calamandrei
Il disegno di legge sulle intercettazioni pone tre diverse questioni di rango costituzionale: il diritto di ciascun cittadino alla privacy, il diritto dei mass media ad informare l'opinione pubblica, il dovere dello Stato di assicurare una efficace azione di repressione dei reati.
Sul primo di questi diritti, non vi è davvero molto da dire. La privacy è una proiezione della libertà personale: è il diritto di ciascuna persona a potersi esprimere liberamente perché al di fuori di ogni controllo dello Stato o di altre persone. E' quel diritto che ciascuno di noi rivendica da piccolo quando vede un genitore che fruga nel suo diario (ai tempi di chi scrive) o nel computer o fra gli sms (ai tempi di oggi).
Nemmeno c'è da molto da dire sul secondo. Lo Stato funziona nella misura in cui è una macchina trasparente ed ogni opacità sulle sue finestre, anche sulle finestre della azione penale, rischia di essere un pregiudizio per la democrazia.
Ancora di meno da dire sul terzo. Lo Stato ha cominciato ad esistere quando ha imbracciato l'azione penale e l'ha trasformata in processo.
Tutti questi aspetti, però, emergono in una sintesi di valori che è tipicamente politica.
La privacy dei figli è molto diversa vista dai genitori ed anche loro qualche ragione possono averla nel volere sapere chi è che manda un sms alle tre del mattino o con chi era il pargolo quando è tornato con gli occhi di una triglia non particolarmente felice.
La libertà di cronaca può facilmente rovinare una persona solo per vendere qualche copia in più: i giornali escono tutti i giorni e la cricca della Banditella, no.
L'esercizio della azione penale ha bisogno di essere temperato e poteri istruttori particolarmente incisivi possono degenerare in una struttura socialmente inquisitoria, come accade nelle indagini che si muovono "a strascico": le intercettazioni non sono solo uno strumento indispensabile per scoprire i reati ed accertare i colpevoli, sono anche ciliegie che è molto difficile smettere di mangiare e che donano un potere di conoscenza quasi esoterico a chi le compie.
Il bilanciamento di queste esigenze è politico ed il Governo ha il sacrosanto diritto di proporre alle Camere un testo che cerca di trovare un ragionevole punto di equilibrio.
Il punto non è questo.
Il punto è che il Governo cerca di imporre alle Camere il proprio punto di equilibrio, con una presenza assillante nel dibattito parlamentare.
Il ministro Alfano si presenta in Commissione Giustizia.
Può farlo, i regolamenti parlamentari lo permettono e la Commissione Giustizia è naturalmente strutturata come il luogo in cui il Parlamento discute con il Ministro della Giustizia.
Ma perché è il Parlamento che chiede al Ministro della Giustizia di chiarire il suo operato dinanzi ai rappresentanti del corpo elettorale.
Non perché il Ministro della Giustizia chiede al Parlamento di giustificarsi dinanzi al Governo.
In questo modo, il Parlamento diventa un ircocervo: un qualcosa che ha un nome che lo designa ma di cui nessuno oramai conosce più l'essenza.

Scaglie di saggezza (La verità)

10 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/05/2010

La verità sul caso Scajola è esattamente quella del ministro.
Non sapeva nulla ed ha comprato in buona fede il mezzanino incriminato.
La verità è che il ministro è una persona che pensa di poter comprare per 600kEuro un appartamento di 180 metri quadri in faccia al Colosseo.
Che pensa che il prezzo di un appartamento possa essere interamente versato al definitivo, senza alcuna caparra.
Che pensa che tutto questo sia normale.
Non perché è una persona fuori dal mondo.
Ma perché appartiene ad una casta che pensa di avere diritto ad un trattamento diverso dai comuni mortali.
Ed il problema è che chiama tutto questo politica con la p maiuscola.

Scaglie di saggezza (Un uomo confuso)

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
04/05/2010

La comunicazione con cui Scajola ha rassegnato le proprie dimissioni (ad una conferenza stampa non al Capo dello Stato, come forse si dovrebbe fare) sono piuttosto singolari.
Un ministro della Repubblica non può abitare in una casa pagata da altri. Per questo ho dato mandato ai miei legali di chiedere l'annullamento del contratto di compravendita. Per questo rassegno le mie dimissioni.
L'uomo è confuso, forse per l'indigestione di rassegne stampa.
Difatti, o non sa nulla (tesi della difesa) e deve difendere la propria reputazione mantenendo il seggio ministeriale.
O vive nella casa pagata da altri (tesi dell'accusa) e quindi deve abbandonare il seggio.
Abbandona il seggio, sicché è vera la seconda: ovvero la tesi della difesa abbraccia la tesi dell'accusa.
Ma farlo stare zitto (tesi di Ferrara), no?

Scaglie di saggezza

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
03/05/2010

scajola1705
Il povero ministro Scajola è un politico onesto.
Ci si può credere.
Lo dice sua figlia.
Come si può credere alle mie quando dicono che sono bello.

La trota di Fini

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/04/2010

persico_trota
Fini sta fondando una corrente basata su di una convergenza parallela con il PdL.
Lo fa intonando le parole di Pound: Se un uomo non e' disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui.
Che è un bello strizzare l'occhio all'ala più dura e pura del suo partito di provenienza.
Nello stesso momento, Renzo Bossi, detto la Trota, per l'acume delle sue capacità politiche, rilascia una importante intervista a Vanity Fair e dichiara che nella vita bisogna provare tutto a parte la droga ed i culattoni.
La marrazzesca sensibilità del giovine fa sobbalzare le agenzie di stampa.
Pare un colpo a favore di Fini: non si può stare assieme a personaggi che ragionano in termini così palesemente volgari.
Ma non lo è per nulla.
E' l'ombra del genio del padre: mentre Fini si preoccupa di incomprensibili convergenze parallele e cita un poeta ignoto alla maggioranza degli italiani, il figlio intepreta perfettamente lo spirito della nazione.
Anzi della nazione.
Con il pedice, come va di moda adesso.

Niente torta per i gay (Corte costituzionale e matrimonio)

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/04/2010

torte-nuzialiGli omosessuali hanno perso.
La Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente infondata e parzialmente inammissibile la questione di legittimità costituzionale del divieto di nozze omosessuali.
Questo significa che esiste un divieto di nozze omosessuali, del che, forse, è possibile discutere.
Ma soprattutto significa che il divieto di nozze omosessuali non ha alcun fondamento costituzionale, sicché il legislatore potrà – se lo riterrà opportuno – introdurre questo istituto.
La vera domanda è in che misura il legislatore può essere considerato obbligato a introdurre il matrimonio fra persone dello stesso sesso.
Non è una domanda semplice.
Per l'art. 29, Cost., il matrimonio è un istituto che "naturalmente" struttura la famiglia.
In questa naturalità del matrimonio c'è tutta la delicatezza dell'opera del legislatore.
Che non è libero nel regolare i rapporti fra marito e moglie ma li deve modellare sulla natura delle cose.
La natura delle cose, però, non è un dato astratto dalla realtà.
E' ciò che la realtà sociale giudica giusto in un determinato momento storico.
Di conseguenza, il legislatore sembra dover essere vincolato alla lettura della società, sembra dover interpretare la realtà e vestirla di regole adeguate, come un buon sarto d'altri tempi.
Immaginare che il nostro parlamento, il parlamento di Gramazio e Bondi, ma anche della Finocchiaro e di Di Pietro, possa svolgere un compito di questo genere, temo sia davvero troppo.

Much ado about nothing (A proposito di una promulgazione negata)

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
01/04/2010

molto-rumore-per-nulla
Il Capo dello Stato ha esercitato la propria prerogativa di rinvio alle Camere – art. 74, primo comma, Cost.- con riferimento al Ddl 1167 – B, definitivamente approvato dal Senato della Repubblica il 3 marzo 2010 ed intestato Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
Il testo del comunicato è assai scarno: "Il Capo dello Stato è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni – con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 – che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale."
L'eterogeneità della legge è tema complesso: il Presidente della Repubblica correttamente richiama il legislatore ad una produzione normativa omogenea perché racchiudere in uno stesso testo disposizioni che esprimono un contenuto normativo unitario significa consentire la conoscenza della legge e costituisce un elemento di democraticità del sistema.
L'art. 20 è una norma di interpretazione autentica in materia di lavoro marittimo di difficile comprensibilità.
L'art. 31, invece, è la disposizione che introduceva l'arbitrato in materia di lavoro dipendente e che ha suscitato molte polemiche.
Forse possono essere considerate polemiche inutili e fuori luogo.
Il ricorso all'arbitrato è condizionato a due presupposti: uno di carattere oggettivo, l'arbitrato deve essere ammesso in sede di contrattazione collettiva e l'altro di carattere soggettivo, entrambe le Parti devono aderire spontaneamente alla convenzione arbitrale.
In questi casi, è possibile rinunciare alla tutela giurisdizionale dei diritti e ottenere una tutela convenzionale.
Con un vantaggio significativo che riguarda il tempo della decisione: non più i tre anni mediamente necessari per la soluzione di una lite in materia di lavoro ma massimi novanta giorni.
Ci si deve chiedere se davvero la possibilità di rinunciare alla tutela giurisdizionale per ottenere una tutela arbitrale non possa essere considerata coperta dalla garanzia costituzionale dell'art. 24, Cost.
In realtà, l'art. 24, Cost. se esprime una norma che sicuramente non consente l'introduzione di arbitrati obbligatori, probabilmente esprime anche una norma che non consente – ove si tratti di diritti disponibili – il monopolio del potere giurisdizionale per la soluzione delle controversie.
I cittadini come possono rinunciare alla tutela di un proprio diritto, così possono scegliere forme di tutela diverse dal processo contenzioso regolato dal codice di rito civile ed affidato all'ordinamento giudiziario.
In altre parole, la posizione del Capo dello Stato non sembra potersi fondare su ragioni di carattere costituzionale ma piuttosto su motivi di opportunità politica.
Una opportunità politica che induce il Presidente della Repubblica ad incontrare il Presidente della Corte costituzionale prima di rinviare la deliberazione legislativa alle Camere ed a fissare un incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri per il giorno successivo.
Una intelligenza politica che sembra avere come senso quello di far presente al Governo l'unità dei custodi della Costituzione (Presidenza della Repubblica e Corte costituzionale) e la loro forza interdittiva nei confronti di azioni normative che si svolgano al di fuori di una opportuna concertazione.
Tuttavia in assenza di un parametro costituzionale certo, come sarebbe stato nel caso del decreto salva liste, questa intelligenza politica può derapare in un conflitto fra poteri composto di reciproche arroganze e un tanto ha ben compreso l'eufemico Di Pietro con il suo immediato vociare in favore del Papà Capo dello Stato, come ha il coraggio di chiamare Napolitano, senza pensare alle virtù della propria genitrice.

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