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Lo faccio per mio padre (Cristiano Di Pietro)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/12/2008

stor_11650478_34090La notizia è perfetta per Libero o per il Giornale di casa Berlusconi.
Di Pietro ha un figlio mariuolo.
Non criminale.
Semplicemente, mariuolo.
Lo hanno intercettato mentre parlava di favori vari per amici (o clienti) con un personaggio che pare essere criminalmente mariuolo.
Il figliio si è subito dimesso dal partito del padre dicendo che lo faceva per il suo babbo.
Se uno si dimette da un partito per rispetto al padre, significa che quel partito è tutt’uno con il padre.
I partiti che si identificano con una persona non sono un valore per la democrazia.
Sono forme di fascismo: partiti che rifiutano una ideologia per identificarsi con un soggetto di cui costituiscono la proiezione politica e parlamentare.
E’ stato detto per Forza Italia, lo si deve dire anche per l’Italia dei Valori.
Ma uno che si dimette per suo padre fa anche umanamente pena.
E’ una cosa da bambini: Il babbo mi dice che non posso giocare ed io vado via.
In realtà, Cristiano Di Pietro non ha commesso solo questa gaffe.
E’ cresciuto in polizia, finendo sul giornaletto del suo corso, con risonanza nazionale (Maria Grazia Cutoli su Epoca).
Ha incontrato le cronache per un incidente di auto (tremendo colpo di frusta), un parto gemellare (altra botta pazzesca), un affitto milanese a prezzi di favore (discreta figuraccia), una campagna elettorale a Montenero di Bisacce (ironicamente commentata da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera).
Resta solo un quesito: dove può fare meno danni il figlio di Di Pietro? In politica o in polizia?

Cioni ti odia (Otel Midas)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/12/2008

Immag049Cioni non è più candidato alle primarie.
Uno di questi giorni convocherà il suo popolo alla discoteca Otel per verificare l’opportunità di candidare Tea Albini, che è l’assessore al patrimonio del Comune di Firenze e la sua collaboratrice più storicamente fidata.
Praticamente, l’avatar politico di Cioni al femminile.
La discoteca Otel è la discoteca più alla moda di Firenze, dove Cioni ha ospitato i momenti più salienti della sua corsa elettorale: ci è già stato – con più di mille persone – tre volte.
Uno spazio da centottanta Euro a cranio per ingresso, cena e consumazioni varie e anche se la politica avrà diritto a dei forti sconti non è difficile immaginare come questi sconti si trasformino in debiti di gratitudine.
Uno spazio che ricorda le scelte di Craxi che ha inaugurato il suo corso alla guida del partito socialista nell’estate del 1976 all’Hotel Midas, un luogo lussuoso, molto lontano dalla tradizioni di un partito tradizionalmente sobrio.
Ricorda il congresso P.S.I. di Rimini, nel 1987, con la scenografia di Panseca che ritmava con un tempio e un anfiteatro la scelta di abbandonare la falce ed il martello.
Craxi segnò i suoi tempi scegliendo una politica che si faceva nei luoghi nervosi delle città da bere invece che negli spazi angustamente fumosi delle sezioni di partito.
Fu una scelta brillante e che portò il partito socialista lontano.
Cioni si comporta in maniera simile e mena la sua politica in discoteca.
Una scelta discutibile.
Soprattutto se la si guarda dal punto di vista dell’anziana che sabato girava per un mercato rionale di verdure.
Vestita con dignità, della polverosa dignità con cui i vecchi cercano di vincere il freddo nel profumo della naftalina.
E’ sparita quando le hanno chiesto se le potevano servire qualcosa.
E’ scomparsa dicendo: Nulla, non voglio nulla. Sono qui solo per guardare. E’ un Natale da bestie, questo. Un Natale davvero da bestie.

Svillareggiando

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/11/2008

VillariDietro alla vicenda del senatore Riccardo Villari vi è un delicato intrecciarsi di istituti costituzionali.
Villari è stato eletto presidente della Commissione bicamerale di vigilanza sui servizi radiotelevisivi.
L’art. 5, quarto comma, del regolamento interno della Commissione stabilisce che l’ufficio di presidenza decada solo nel caso in cui la Commissione è rinnovata, anche parzialmente.
Il rinnovo della Commissione avviene nel caso di scioglimento delle Camere. Il rinnovo parziale, nel caso in cui lo scioglimento anticipato riguardi solo una delle due Camere.
Di conseguenza, a norma di Regolamento, il senatore Villari non parrebbe poter essere rimosso dall’incarico.
Tuttavia, l’art. 5, quarto comma si riferisce solo ad un caso di decadenza di diritto.
Non si riferisce ad un caso di revoca.
Il potere di revoca può essere considerato compreso nel potere di nomina, di talché la stessa maggioranza della Commissione che ha nominato Villari come presidente può votare la sua revoca e, in questo caso, Villari non avrebbe altro rimedio che il ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione, via piuttosto ardua da percorrere, dal momento che il conflitto non avrebbe come parti due poteri contrapposti, ma sarebbe piuttosto un conflitto interno al fluire stesso del potere in cui si è innescato.
Nello stesso tempo, la maggioranza potrebbe modificare – ai sensi dell’art. 21 del Regolamento interno – con una deliberazione assunta a maggioranza assoluta lo stesso Regolamento interno chiarendo che il presidente può essere revocato con una deliberazione assunta con le stesse modalità della deliberazione di nomina.
Di conseguenza, le dimissioni del senatore Villari, in realtà, sono un falso problema.
La maggioranza assoluta della Commissione ha tutti gli strumenti per rimuoverlo.
In realtà, però, il senatore Villari pone un problema diverso e molto più complicato.
Il problema del libero mandato parlamentare.
Villari ha rifiutato di rassegnare le dimissioni e si è ribellato alle direttive del proprio gruppo parlamentare, da cui è stato espulso.
Lo ha potuto fare perché l’art. 67, Cost, consente (ed impone) ad ogni parlamentare di interpretare la volontà del corpo elettorale che rappresenta senza vincoli di mandato.
E’ questa la norma che maggioranza ed opposizioni, in realtà, stanno cercando di comprimere.
Senza rendersi conto che il divieto di mandato imperativo è una garanzia di autonomia del Parlamento.
E’ un modo per assicurare che il Parlamento possa essere costituito da uomini liberi.
Il comportamento di Villari, che è svillareggiato come attaccamento alla poltrona, come un modo per nascondersi in un bunker, fra calzoni e babà, così Sebastiano Messina, è anche esercizio di una prerogativa parlamentare che merita rispetto.
Un Parlamento forte non dovrebbe insultare l’esercizio di questa prerogativa.
Dovrebbe revocare Villari dall’ufficio che occupa senza essere sorretto dal necessario consenso dell’opposizione cui spetta la designazione del presidente della Commissione.

Cioni ti odia (Il figlio di Cesare)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/11/2008

Immag049Il Corriere della Sera di oggi, nelle cronache fiorentine, titola di alcune perquisizioni che hanno turbato la pace familiare dell’assessore Cioni e dell’assessore Biagi.
L’accusa sarebbe di corruzione.
Cioni avrebbe votato a favore della variante Fiat – Fondiaria, che sta cambiando il volto della città, perché suo figlio sarebbe stato favorito dal suo datore di lavoro.
Pare che il figlio dell’assessore Cioni lavori alla Fondiaria e che la sua carriera sia stata incoraggiata in virtù dell’atteggiamento politico del padre.
Cioni, lo si è scritto molte volte, non è simpatico.
Ma questa volta potrebbe avere ragione: davvero un assessore deve astenersi in una delle decisioni più importanti della amministrazionedi cui fa parte perché il suo figliolo lavora alle dipendenze del soggetto attuatore dell’investimento?
Forse, no.
Sembra difficile immaginare un accordo corruttivo di questo genere.
Ancora più difficile è provarlo.
Il vero problema è diverso.
Il figlio di Cesare è il figlio di Cesare qualunque cosa faccia.
E’ difficile non pensare a suo padre nella assegnazione dei compiti di ufficio.
Difficile non pensarci quando si decide se assumerlo o no.
Vi è, sempre, un sospetto inevitabile.
Lo stesso sospetto che rincorre la moglie di Cesare.
Un sospetto che rende il figlio di Cesare dannatamente sfortunato, perché lo costringe a vestire anche abiti che non sono solo suoi.
Nell’ordinamento giudiziario, esiste una regola: un magistrato non può prestare servizio nello stesso distretto di Corte di Appello nel quale il figlio esercita come avvocato.
La stessa regola, sul piano morale, ma anche nell’interesse della prole, si dovrebbe applicare ai politici.
Il figlio di un politico non dovrebbe lavorare in un posto nel quale possa essere riconosciuto come il figlio di suo padre.
Dovrebbe valere per un assessore, con riferimento agli affari della sua città, come per il presidente della repubblica, con una estensione ben maggiore.
Il figlio di Cesare pone una questione morale.
Non giudiziaria, probabilmente.
Ma morale, si.

Proteste accademiche: 2008, 1968 o 1348?

11 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
23/10/2008

Caroline_de_Bendern_1968L’intero mondo accademico è scosso da una vibrante protesta.
Pòle Berlusconi minacciare l’uso delle forze pubbliche negli atenei per garantire lo svolgimento delle lezioni?
O le accademie (e soprattutto gli accademici) godono di una autonomia che traslittera in immunità?
Pòle.
Lo potrebbe il ministro degli interni.
Lo può il Presidente del Consiglio dei ministri.
L’interpretazione della sicurezza pubblica e la sua garanzia sono sicuramente prerogative dell’esecutivo, ovvero dell’indirizzo politico di maggioranza.
Ma la questione si pone in termini diversi.
Berlusconi, sul cui acume politico e strategico non possono resistere molti dubbi, pare avere intrapreso una operazione più interessante.
Si è avveduto che la sua maggioranza gode di un consenso (anzi, di un indice di gradimento) schiacciante ed ha deciso di non logorarla, aiutando l’opposizione con un atteggiamento da Pinochet travestito da Scelba quasi materno.
La vera questione, poi, si pone in termini ancora diversi.
Chi difendono queste manifestazioni?
Difendono il diritto allo studio?
Sarebbe come dire che l’attuale sistema universitario garantisce il diritto allo studio e questo, forse, non è.
Difendono una rivoluzione colorata?
Sarebbe come dire che le attuali proteste hanno dei maestri alle loro spalle, un pensiero che le sorregge, una linea politica che discutono. Anche questo non è.
No.
Difendono un sistema stanco e torbido.
Un sistema nel quale i convegni si fanno dove ci sono i soldi per il buffet, a costo di finire dietro il culo della Luna.
Nel quale i concorsi si perdono perché si è più bravi del vincitore, sicché se ne può sempre vincere un altro, mentre l’idoneo o vinceva questo o non vinceva più.
Che discute la quarta riforma organica dei corsi di laurea in dieci anni e se uno resta fuori corso ha una guida dello studente che pare la sibilla cumana.
Paga la missione 20/12 –> 15/01/08 a Rio di un illustre cattedratico, per l’annuale convegno fra gli studiosi di analisi economica del diritto agrario, ovvero dei cesellatori di cocomeri.
Etc.
Non pare un sistema da difendere troppo.
Mi pare un sistema che si chiude – allegra brigata – in una villa di Bellosguardo mentre fuori infuria la peste.
Niente 1968.
Ahimè.
Il 2008 accademico assomiglia al 1348 di Boccaccio.
Quanto a me, affronto la sospensione della didattica podcastando le lezioni.
Che mi pare un modo ragionevole di garantire il diritto allo studio dei miei studenti.

Discriminazioni positivamente orientate

21 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/10/2008

Che pare un modo per dire che distinguere fra il bagno dei maschi e il bagno delle femmine non e’ sbagliato.


Ed invece e’ la giustificazione della mozione che vorrebbe delle classi di sviluppo separato (in afrikaneer, apartheid) per gli stranieri che non superano un test di ammissione.


Scandalizza?


Si, scandalizza anche se nessuno vorrebbe che i suoi figli non imparassero le divisioni perche’ ci sono bimbi che hanno bisogno di apprendere l’italiano.


Anche se nessuno vuole che i suoi figli siano turbati dal disagio di una convivenza emarginata.


Etc.


Insomma, e’ uno stupore ipocrita, che non fa nulla per risolvere un problema molto piu’ grave.


Non si puo’ certo pensare che lanciare un bimbo nomade in una classe di bimbi normali, una classe di Piazza Savonarola, diciamo cosi’, sia un modo per integrarlo o per non discriminarlo.


E’ il vero modo per farlo scappare. Peggio forse anche della discriminazione positivamente orientata come la ignavia leghista chiama le affirmative actions.

Il silenzio dell’art. 74, Cost. (Napolitano alle prese con un difficile rinvio)

20 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/10/2008

NapolitanoIn questi giorni, gira un invito.
Si tratta di scrivere a Napolitano chiedendogli di non promulgare la riforma del maestro unico proposta dal Governo.
Pare che l’indirizzo di posta elettronica del Quirinale abbia ricevuto migliaia di messaggi.
Il dubbio è se Napolitano possa o meno rinviare alle Camere la deliberazione legislativa.
Può, ma forse non dovrebbe.
Per più ordini di ragioni.
La promulgazione di una deliberazione legislativa consiste della definitiva imputazione allo Stato della manifestazione di volontà parlamentare.
Il Presidente della Repubblica può chiedere alle Camere una nuova deliberazione.
In questo caso, per l’art. 74, Cost., la deliberazione legislativa cade nel nulla se non viene approvata dalle due camere a maggioranza assoluta.
L’art. 74 non specifica le ragioni per le quali il Presidente della Repubblica può rinviare una legge alle Camere.
La prassi più recente si è attestata in rinvii tecnici, collegati alla incostituzionalità delle deliberazioni legislative, ovvero alla loro imperfetta formulazione, e si è allontanata da rinvii politici, collegati al merito costituzionale trattato dalla proposta di legge.
Ciampi ha rinviato il disegno di legge Gasparri di riforma del sistema radiotelevisivo, con un messaggio molto tecnico, nel 2002; lo stesso ha fatto nel 2000, per una deliberazione legislativa in materia di organizzazione del personale sanitario; nel marzo 2002, in un caso di conversione di un decreto legge non caratterizzato dai requisiti di necessità e urgenza previsti dall’art. 77 e nel novembre 2002 per chiedere l’adozione di una salda dottrina delle fonti nei rapporti fra Stato e regioni.
Non ha rinviato né la legge sulle rogatorie internazionali, né la legge sul legittimo sospetto, né la legge che accordava l’immunità alle più alte cariche dello Stato, successivamente dichiarata incostituzionale con sentenza 24 del 2004.
Le ragioni della prudenza del Capo dello Stato stanno nella sua irresponsabilità politica.
Il Capo dello Stato non svolge una funzione propriamente politica.
Rappresenta l’unità dello Stato e la fedeltà alla Costituzione.
Un rinvio motivato da ragioni propriamente politiche sarebbe in contrasto con il suo ruolo.
Come è accaduto per Cossiga, quando – nel 1992, il 1 febbraio – ha rinviato alle Camere la riforma della obiezione di coscienza, con un messaggio molto discutibile, perché sovrapponeva il merito politico del Presidente alla sintesi politica operata dal Parlamento.
In realtà, le mail al Capo dello Stato sono pericolose.
Sono pericolose perché cercano di tirargli la giacca per farlo entrare in un agone politico che è pericoloso per la sua legittimazione e, quindi, per la stessa efficacia dei valori costituzionali.
Detto tutto questo, la riforma del maestro unico è, davvero, una porcata, se così si può dire.
Ma è in contrasto con valori e principi costituzionali, non con norme direttamente cogenti in termini tali da poter costituire un parametro saldo di un giudizio di costituzionalità.
E’ in contrasto con il diritto allo studio, con il valore della eguaglianza in senso sostanziale, con l’autonomia regionale in materia scolastica, con il diritto al lavoro dei genitori, etc.
Tutti valori che, purtroppo, sono ancora lontani dall’avere delle coordinate sicure – binding, per usare un lemma del lessico internazionalistico – nel processo costituzionale.

Cioni ti odia (Una colletta per la libertà di stampa)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/10/2008

Immag049E’ un vecchio post.
Mi faceva sorridere che le scritte sui muri "Cioni ti odia" scomparissero subito.
Appena scritte.
Ironizzava sul politico cittadino, che sa benissimo di essere amato ed odiato nella stessa misura.
Il che è dei politici che, se non altro, hanno la forza di manifestare la propria personalità con un certo piglio.
Magari autoritario, non sempre meravigliosamente democratico (trovo la campagna sull’ordine pubblico molto discutibile, ad esempio).
Ma ragionevolmente autentico.
In questo senso, forse, Cioni è, per il centro sinistra, l’unico candidato sindaco davvero credibile.
Oserei dire pericolosamente credibile.
Tuttavia, il mio post, di molti mesi fa, è diventato improvvisamente di moda.
Trovo un commento fra il sarcastico ed il minaccioso che incollo:
Sa, dopo aver letto un po’ di queste sue riflessioni, comincio a dubitare seriamente che lei sia un laureato in diritto costituzionale.
Ma comunque, non è questo il punto che voglio affrontare anche perché questi sono problemi suoi.
Mi colpisce ciò che ha scritto: “Subito dopo essere dipinto, Cioni ha la forza di essere cancellato.
Sta diventando difficile trovare un Cioni ti odia senza qualcuno che lo copre.
Cioni fa paura.
Nessun proprietario di mura cittadine vuole essere considerato il complice di questa diffamazione.”
A questo punto mi sono chiesto se lei per caso e dico per caso, è mai venuto a sapere, che il comune (qualunque esso sia e di qualunque bandiera esso sia) ha l’OBBLIGO di cancellare scritte di tale tipo..melo chiedevo dato che lei avrà quasi sicuramente studiato anche queste cose..poi non si sa mai..
La replica è facile.
No, non sono laureato in diritto costituzionale.
Sono laureato in diritto processuale civile.
Ma insegno diritto costituzionale, per il che uno potrebbe essere laureato anche in economia politica.
E come costituzionalista sono anche piuttosto conosciuto.
Non mi vergogno di non sapere che esistono delle norme che obbligano i comuni a cancellare le scritte sui muri.
Se esistessero, mi pare che siano violate abbastanza di frequente.
Etc.
Ma sono preoccupato.
Perché leggo che Cioni ha chiesto 100kEuro agli organizzatori del gruppo di Facebook intitolato Cioni ti odia.
Non vorrà mica qualcosa anche da me?
Io tutti questi soldi mica ce li ho.
Chi mi dà una mano?

Berlu_Barabba

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/09/2008

berlusindoneBerlusconi ha reagito con una cortesia istituzionalmente raccapricciante alla ordinanza che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del Lodo Alfano.
La lettura più semplice è che Berlusconi abbia inteso influenzare la Corte costituzionale.
Tuttavia Berlusconi è uomo accorto e intelligente.
Troppo accorto ed intelligente per non sapere che la Corte costituzionale, anche questa Corte che forse non può essere definita la più coraggiosa della storia repubblicana, non si lascia intimidere e che, di solito, questi tentativi rischiano di sortire un risultato opposto alle  intenzioni.
Il tentativo di Berlusconi, perciò, è, al solito, molto più sottile.
Berlusconi vuole che la Corte costituzionale dichiari l’incostituzionalità del Lodo Alfano.
Berlusconi vuole essere condannato per poter sollevare la contraddizione fra il giudizio politico elettorale che lo ha assolto ed il giudizio penale che lo potrebbe condannare.
Vuole usare questa contraddizione per poter riformare il sistema giudiziario e compiere un ulteriore passo in avanti nella sua rivoluzione liberale, liberista e libertaria.
Barabba, secondo il senso comune, è la dimostrazione che la folla chiamata a esprimere un consenso plebiscitario può essere facilmente manipolata.
Il capo del governo, che è uomo di fede al punto di recarsi in una beauty farm pensando di ottenere un qualche risultato, è riuscito a far diventare Barabba un argomento politico formidabile e materialmente costituente.
Non si deve sottovalutare uno che riesce a far diventare Barabba un santo.

P.s.
L’immagine è di votantonio.splinder.com

Il padre dei cretini

7 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/09/2008

NapolitanoAd Helsinki, Napolitano ha fatto delle affermazioni importanti.
Credo che in Italia sia ancora una questione aperta la piena identificazione che ci dovrebbe essere da parte di tutti nei principi e nei valori della Costituzione repubblicana, che sono rispecchiati nella Costituzione europea richiamata nel Trattato di Lisbona.
Il che – nel linguaggio diplomaticamente sintetico del Capo dello Stato – significa che gli Italiani non hanno una Costituzione. Che la Costituzione è divenuta lettera morta.
E’ una affermazione insolitamente forte.
A prima lettura, fa corpo con i discorsi di La Russa e Alemanno sul fascismo.
Forse, però, è una affermazione molto più importante.
E’ la confessione del fallimento di un progetto unificante.
Il Presidente della Repubblica si dichiara capo di uno Stato che non crede in se stesso e che non ha più ragione di essere.
Può farlo?
Si può dire ai propri figli che non hanno più una famiglia e restare a casa?
Di solito, in questi casi, si fanno le valigie e si lasciano i figlioli con la mamma.

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