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Aborto libero per non morire

9 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
03/01/2008

E’ uno slogan femminista degli anni settanta: quando si discuteva della necessità o meno di introdurre l’interruzione volontaria della gravidanza e la discussione si svolgeva anche sui muri delle città.
Rappresenta una delle grandi ragioni che hanno sorretto e giustificato la legge 194 del 1978, che non è affatto una legge sull’aborto ma una legge sulla procreazione consapevole.
Non è facile allora comprendere che cosa significhi una moratoria dell’aborto: la moratoria dell’aborto c’è già ed è la negazione dell’aborto come strumento per pianificare e controllare le nascite.
Fra aborto e pena di morte c’è una soluzione di continuità molto forte.
Il problema della pena di morte è il problema di uno Stato che possiede il diritto di sopprimere i suoi sudditi ed è di conseguenza l’arbitro della loro vita: uno Stato di questo genere – si può sostenere – non può essere una democrazia perché attinge all’essenza divina del potere e non può conoscere una idea moderna di cittadinanza perché è ancorato ad un meccanismo di dominio che può rammentare l’idea germanica di proprietà alle radici del feudalesimo.
Al contrario, il problema dell’aborto è un problema di bilanciamento fra le esigenze del nascituro e quelle della madre (ma anche del padre, figura assai maltrattata dalla legge 194, che forse avrebbe dovuto parlare di maternità e paternità responsabili).
E’ una questione che ricorda i bilanciamenti propri della logica dello stato di necessità: quando il diritto rinuncia a punire non perché non esista un reato ma perché quel reato non poteva non essere commesso da una persona in quelle condizioni, come era nel caso del Conte Ugolino, che forse oggi potrebbe non essere punito perché non lui ma la sua fame ha deciso di uccidere i figli.
In questa decisione, che ha una sostanza etica, lo Stato non può non arretrare: deve fornire tutti gli strumenti a chi si trova nella antipatica situazione di dover decidere, strumenti morali e culturali, ma anche certezze concrete di assistenza e di aiuto. Però lo Stato non può sostituirsi ai genitori biologici, che altrimenti farebbero quello che facevano prima della legge 194, rivolgendosi a qualche professionista privo di scrupoli che li aiuterebbe clandestinamente in cambio di un prezzo composto anche del disvalore penale dell’opera prestata.
Ferrara, come al solito, è stato geniale nel porre la questione in maniera mediaticamente suggestiva ed a renderla anche un pò ironica attraverso la provocazione del digiuno.
Ma ha, temo consapevolmente, confuso i piani di due problemi che meritano di essere considerati diversamente: il primo, sul piano del teoria dello Stato e dei presupposti della democrazia, il secondo sul piano, molto umano, delle scelte di una persona che si trova a dover fare conti con una vita che sente di non poter accogliere responsabilmente.
Quest’ultimo aspetto, forse, merita davvero di essere rimarcato: l’idea che l’aborto possa essere considerato uno strumento di pianificazione delle nascite mi pare molto sciocca.
Non credo che a nessuna donna possa venire in mente di abortire senza sentire un groppo alla gola ed avvertire un dramma che non smetterà di sanguinare per tutta la sua vita.

La grazia di Provenzano

7 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
28/12/2007

In questi giorni, si fa un discreto parlare della richiesta di grazia presentata dal legale di Contrada.
Il legale di Contrada ha segnalato che il suo cliente versa in uno stato di salute preoccupante ed ha chiesto la grazia.
Il ministro di grazia e giustizia Mastella (ora solo ministro della giustizia) ha chiesto che l’istruttoria della domanda di grazia sia compiuta nel più breve tempo possibile.
Il presidente della Repubblica Napolitano ha ricordato che le ragioni di salute non sono una ragione per concedere la grazia.
La presidente della associazione fra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili ha rilasciato delle interviste manifestando una netta contrarietà alla grazia che sarebbe un oltraggio alla memoria delle vittime di mafia e che aprirebbe la strada ad analoghi provvedimenti di clemenza per Provenzano e Riina, anch’essi anziani e malati.
La grazia è un provvedimento di clemenza.
La grazia non annulla le responsabilità penali e non ha nulla a che vedere con la politica penitenziaria.
La grazia è il provvedimento con cui lo Stato rinuncia all’esercizio della custodia detentiva nei confronti di un colpevole e lo fa per ragioni politiche.
La sostanza della grazia è politica, non è né giudiziaria, né ha a che vedere con la necessaria umanità del trattamento detentivo.
Con il potere di grazia, il capo dello Stato rinuncia alla detenzione di una persona che non lo merita più, perché la pena è diventata ingiusta, come nel caso di un detenuto che ha provato materialmente di non essere più pericoloso o di essere diventato migliore di tanti altri.
In nessun caso, la grazia può essere intesa come un mezzo per assolvere una persona che il potere giudiziario ha condannato (è il caso di Sofri) o per rimediare alle insufficienze del sistema carcerario e della legislazione in materia di esecuzione delle pene (è stato, almeno in parte, il caso di Bompressi).
Non so se Contrada meriti di essere graziato.
La sua vicenda ha molte luci e molte ombre.
Ad un certo punto, è sembrato quasi che sia stato condannato perché se davvero avesse servito lo Stato sarebbe stato ucciso, come Boris Giuliano, Falcone, Borsellino e tutte le altre vittime eccellenti della mafia.
Può darsi che meriti la grazia come può darsi che non la meriti.
E’ una decisione che sono felice di non dover prendere.
Sarà una decisione politica rimessa ad un soggetto politicamente irresponsabile.
Però sono sicuro di una cosa: anche Provenzano e Riina possono meritare la grazia.
Anche loro potrebbero pentirsi.
Potrebbero essere le pedine decisive che consentono di risolvere pacificamente e senza armi una rivolta carceraria, ad esempio.
Potrebbero diventare un modello di rettitudine.
E così via.
In ogni caso, non sono animali feroci.
Anche loro sono persone.
Esseri umani.
Uomini che vivono nella privazione della libertà.
Quando si dice che non potranno mai essere graziati, quando si dice che il loro carcere deve essere a vita, quando si dice che non hanno più il diritto a respirare l’aria di un’alba, li si condanna a non avere più speranza, il che, in fondo, assomiglia molto ad una condanna a morte.

L’indipendenza della Corte costituzionale

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
24/12/2007

Fra le fine di aprile ed i primi giorni di maggio, Romano Vaccarella si è dimesso da giudice costituzionale.
Le motivazioni riguardavano alcune dichiarazioni che erano state rilasciate circa l’ammissibilità dei referendum elettoralli che la Corte è chiamata a giudicare nella prima quindicina di gennaio.
Scriveva Vaccarella che nel momento in cui il governo anticipava pubblicamente una opinione contraria alla ammissibilità dei referendum abrogativi minacciava la sovrana autonomia della Corte e perciò giustificava le sue dimissioni.
E’ di sabato la notizia di un Guzzetta che scrive al Presidente della Repubblica chiedendogli di adottare tutte le misure necessarie ed opportune per garantire l’indipendenza della Corte costituzionale.
Ieri, il Presidente della Repubblica ha esercitato il suo potere di messaggio chiarendo di avere la massima fiducia nella autonomia e nella autorevolezza del Giudice delle leggi.
Due osservazioni.
Primo, la Corte costituzionale non ha bisogno di essere difesa: la sua posizione di ultimo giudice impedisce a qualsiasi altro potere dello Stato di modificare o rivedere il contenuto delle sue decisioni.
Secondo, i giudici della Corte costituzionale godono della stessa immunità che spettava ai parlamentari prima di mani pulite e, perciò, nemmeno loro hanno bisogno di essere difesi.
Ma se è così perché tutti mostrano di temere attacchi per l’indipendenza della Corte costituzionale?
Zagrebelsky, che della Corte costituzionale è stato presidente e presidente emerito, scrive che il giudice delle leggi si deve proteggere dai suoi protettori, un pò come una signorina di malaffare, e che queste dichiarazioni sono molte chiare nel dire alla Corte che l’unico modo che ha per affermare la sua indipendenza è dichiarare l’ammissibilità di referendum che qualche perplessità di carattere costituzionale la suscitano.
Non lo so.
Forse, è vero che se la Corte è un ultimo giudice, è anche un giudice senza ufficiali giudiziari, un boia senza scure: non esiste nessun potere che possa garantire alla Corte costituzionale l’attuazione delle sue decisioni.
L’autorevolezza della Corte si fonda sulla propria credibilità.
E queste dichiarazioni, se è possibile affermarlo, mostrano che la Corte dura fatica ad affermarsi, a sostenere un prestigio che renda all’opinione pubblica implausibili attacchi alla sua indipendenza: se i giornali titolano sulla indipendenza della Corte, il corpo elettorale può dubitarne, può immaginare che nel buio segreto della camera di consiglio possano avere ingresso, come storicamente è accaduto, convitati che nulla hanno a che vedere con le funzioni del giudice delle leggi.
Solo la Corte costituzionale, attraverso la serietà, ma anche la laica semplicità delle sue decisioni, la lucidità dei suoi argomenti, può rispondere, dimostrando di essere davvero al di sopra non solo degli altri poteri ma anche dei pettegolezzi e dei messaggi trasversali che riceve un pò da tutti gli attori politici.

Un generale ***** (spigolando sull’alta amministrazione)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
18/12/2007

E’ facile ironizzare sul generale Speciale.
Basta il primo sfoglio dei giornali: voli a Capri per ragioni di servizio, spigole a Passo Rolle per migliorare la dieta dei finanzieri di montagna, gite a Marettimo, pellegrinaggi nei luoghi di Padre Pio e così via.
Può essere più complicato comprendere la sostanza di quello che sta succedendo.
Il tribunale amministrativo del Lazio ha ritenuto illegittima la revoca del generale dal vertice della Guardia di Finanza.
La nomina dei vertici della Guardia di Finanza, ovvero dei carabinieri, ma anche di qualsiasi ministero, è un atto di alta amministrazione: un provvedimento che non ha altra motivazione se non la fiducia del governo nel soggetto che è chiamato a garantire un retto raccordo fra la sfera politica e la sfera amministrativa.
Il Tribunale amministrativo del Lazio non ha toccato questo principio.
Non ha detto, insomma, che il governo non poteva revocare Speciale per ragioni che avevano per oggetto la fiducia nelle sue capacità.
Si è limitato ad affermare che il governo avrebbe dovuto seguire un procedimento maggiormente rispettoso del diritto di Speciale ad essere ascoltato.
Una affermazione giuridicamente molto banale: tutti i provvedimenti amministrativi hanno costituzionalmente bisogno che gli interessati possano far sentire la loro voce per essere legittimi.
Di conseguenza, se il governo ha fatto la figura del buffone, Speciale non è stato affatto riabilitato dal Tar Lazio: la santificazione del generale ha bisogno della Corte dei Conti che sta giudicando sul suo comportamento e sul danno che potrebbe avere causato allo Stato.
Altra e diversa questione riguarda le sue dimissioni.
Queste sono una tecnicalità interessante.
Speciale non può dimettersi da generale della Guardia di Finanza, perché non lo è più e non lo può nemmeno diventare: è un pensionato.
Il suo gesto, però, ha uno scopo molto preciso: se Speciale si dimette rinuncia ad essere reintegrato e fa venire meno l’interesse al ricorso che aveva proposto e che il Tar Lazio ha accolto.
Ma se il ricorso al Tar Lazio è diventato, dopo la sentenza, improcedibile per carenza di interesse, il governo ha perso l’interesse a proporre appello al Consiglio di Stato.
Speciale con le sue dimissioni ha semplicemente fatto in modo di rendere definitiva la vittoria in primo grado, sottraendosi al secondo grado di giudizio.
In pratica, si è comportato come un bimbo che dopo avere segnato un goal porta via il pallone per vincere la partita.

Pari opportunità: come la legge può trasformare le donne in negri

15 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
13/12/2007

Sono quei provvedimenti che tendono a rimuovere situazioni di disparità fra uomo e donna: le quote rosa, la riserva di posti agli individui di sesso femminile nell’accesso alla pubblica amministrazione, e così via.
Hanno un fondamento costituzionale per quanto riguarda la materia elettorale.
Il nuovo art. 51, Cost. stabilisce che la Repubblica deve promuovere con appositi provvedimenti le pari opportunità fra uomini e donne (art. 1, legge cost. n. 1 del 2003).
Vi è una ragionevolezza intrinseca in questa previsione: la rappresentanza politica si deve scandire tenendo conto delle diverse sensibilità che caratterizzano l’universo maschile e quello femminile.
Vi è anche un rischio molto serio: le misure dirette a favorire un soggetto indipendentemente dai suoi meriti e dalle sue capacità ma solo per la sua appartenenza ad un genere rischiano di sfavorire i più meritevoli e capaci dell’altro genere.
E’ quello che succede negli Stati Uniti dove un individuo di colore non particolarmente dotato può accedere a campus di eccellenza dai quali vengono esclusi bianchi molto più capaci di lui ma che non dispongono di quote riservate.
Le quote rosa, poi, fanno sempre un pò sorridere: finiscono per rendere le donne molto simili a dei negri o a dei diversamente abili.
Dietro alle quote rosa, c’è molto più maschilismo di quello che può sembrare.
In alcuni casi, poi, diventano assolutamente grottesche.
E’ di oggi il nuovo regolamento che disciplina lo svolgimento dei concorsi per ricercatore universitario.
Il ministro Mussi ha ritenuto che le commissioni giudicatrici debbano essere formate in modo da rispettare una pari rappresentanza di entrambi i generi.
E’ davvero una norma solo retorica e priva di senso.
Non ha senso pensare che una commissione possa giudicare validamente e seriamente i titoli ed i risultati delle prove dei candidati solo se uomini e donne la compongono in eguale misura.
Quando faccio parte di una commissione non mi sento né un uomo né una donna.
Mi sento un commissario e mi piace immaginare di non essere influenzato dal sesso dei candidati o dal loro aspetto fisico.
In fondo, tutte le volte che si parla di pari opportunità, si pensa che ci sia qualcuno che dice: Si fa maschi contro femmine?, ma, passati i dieci anni, nessun individuo in possesso delle proprie facoltà mentali fa discorsi di questo genere.

Giuli-Anone

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/12/2007

Da anni, Luttazzi definisce Ferrara nei suoi spettacoli Giuli-Anone, ovvero il residuo di sperma e di cacca che resta sul lenzuolo dopo un rapporto anale.
Adesso è stato sospeso il suo programma perché ha suggerito come metodo per non pensare al dramma della guerra in Iraq l’immagine di Ferrara dentro una vasca da bagno con Berlusconi e Dell’Utri che gli pisciano addosso, Previti che gli caga in gola e la Santanché in completo sadomaso che frusta tutti i baccanti.
Ne è nata una polemica sul diritto di satira.
Forse non è una polemica che coglie nel segno.
Forse la questione non riguarda il diritto di satira ma il rapporto fra editore, direttore responsabile ed autori.
L’editore ha diritto di sviluppare la propria libertà di iniziativa economica nel settore delle comunicazioni prevedendo una linea editoriale.
Esattamente come il fabbricante di auto ha il diritto di decidere i modelli che intende proporre al mercato.
Non ci deve essere nulla di strano.
Come non ci deve essere nulla di strano se un editore decide di usare come modello editoriale l’assenza di una linea editoriale.
Nello stesso tempo, Ferrara, per quanto enormemente antipatico, ha il diritto di non essere chiamato Giuli-Anone in pubblico e di non essere evocato dentro una scenetta feticista.
Questo diritto è anche di Berlusconi o Dell’Utri, di Previti e della Santanché, ai quali probabilmente non ha fatto piacere essere immaginati mentre si sfogavano sul direttore del Foglio.
La satira che colpisce le persone è facile.
Ma è satira?
No, ricorda in bambini che prendono in giro i compagni con gli occhiali.
Non solo: se ci si pensa un pò, pare un esercizio piuttosto fascista.
Non si critica l’avversario per quello che pensa, ma per quello che può apparire e si usa il privato per demolire la sua immagine pubblica.

il cilicio in Senato

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/12/2007

Si dice che la senatrice Binetti porti il cilicio.


Si dice anche che sia affiliata alla opus dei, organizzazione piuttosto complessa da decifrare nelle sue incursioni politiche.


Si dice che spesso sul suo voto pesi l’influenza della conferenza episcopale, organismo che non dovrebbe avere molto a che spartire con la dialettica politica repubblicana.


Secondo taluni le opinioni religiose della Binetti potrebbero essere utili al partito democratico: la sfera laica potrebbe essere arricchita dal sentimento religioso se il sentimento religioso fosse disposto a lasciarsi arricchire dalla sfera laica.


In realta’ dispiace essere costretti ad osservare che non puo’ essere cosi’.


La Binetti fonda il proprio sentimento religioso su una opzione trascendente. Su una posizione originaria che si fonda come “vera” e che e’ autoreferente.


Il pensiero laico e’ necessariamente debole nelle sue opzioni finale: crede al dialogo più che alla verita’.


Il partito democratico non puo’ ospitare la Binetti più di quanto possa ospitare un integralista islamico perche’ non puo’ ospitare posizioni originarie illiberali.


Forse nemmeno il Senato la dovrebbe ospitare.


E dispiace dover rilevare che posizioni di questo genere suonano molto più vicine al fascismo che non ai nobili padri della Costituzione.

I girotondi di uno speaker

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/12/2007

Si è parlato molto in questi giorni delle esternazioni di Bertinotti.
Si è sottolineato che il Presidente di un ramo del Parlamento svolge una funzione imparziale, di direzione e rappresentanza di una assemblea parlamentare.
Una funzione che materializza il significato della rappresentanza parlamentare perché consente alla dialettica dei rappresentanti di trovare un ordine, uno svolgimento corretto, una lucida contrapposizione.
Si è anche detto che questa funzione è incompatibile con un ruolo politicamente attivo.
E’ una impostazione piuttosto anziana.
Si può ricordare il dialogo sulle prime esternazioni di Cossiga Presidente della Repubblica.
Anche allora si è sostenuto che il capo dello Stato non può esprimere opinioni che corrono lungo l’indirizzo politico, che sono politicamente discutibili.
Sono posizioni ingenue.
Qualsiasi magistratura svolge una funzione intimamente politica, venata di pregiudizi politici, percorsa da una inevitabile visione politica del proprio ruolo.
Il punto non è questo.
Il punto è che una maggioranza sfinita non può trovare la propria forza nella ricerca di un ragionevole equilibrio in materia di regole elettorali.
Le regole elettorali sono meccanismi matematici espressi attraverso il formalismo giuridico.
Hanno un unico scopo, che è quello di trasformare i voti in seggi.
Dal punto di vista logico, essi dovrebbero essere neutri: modi diversi per assicurare che l’emiciclo parlamentare rispecchi le opinioni del paese.
Naturalmente, anche questa sarebbe una opinione ingenua.
La verità è che le regole elettorali, come i regolamenti parlamentari, sono decisivi per la sopravvivenza delle forze politiche e dei loro cadì.
Per questa ragione, il dialogo su una riforma elettorale è un dialogo in cui i partiti politici lottano per la propria sopravvivenza, come bucanieri naufragati su un isola sperduta con un solo barilotto di rum.
E’ difficile sostenere la nobiltà di questo dialogo.
Lo scandalo non è che Bertinotti manifesti le proprie opinioni politiche, ma che una delle più alte cariche dello Stato lotti esclusivamente per la sopravvivenza della propria fazione.
Pronto a rimangiarsi le proprie sfide non appena Ingrao sfugge ai suoi inviti.

La censura anoressica

10 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
27/11/2007

Ieri La7 ha pubblicato un servizio sulla anoressia.
Indubbiamente l’anoressia è un problema molto grave.
Una malattia insidiosa, che peggiora inevitabilmente, perché riduce giorno per giorno ogni difesa del malato.
Per La7, un ruolo significativo nella patologia sarebbe dei blog.
Le ragazze anoressiche troverebbero grazie al social networking una motivazione ulteriore per convincersi del proprio atteggiamento di odio verso il cibo.
Anche Splinder è affollato di blog anoressici.
L’idea della Melandri, onnipresente, è il controllo dei contenuti da parte del provider, secondo il modello spagnolo:

(ANSA) – MADRID, 21 NOV – L’agenzia spagnola per la qualita’ di Internet ha ottenuto dalla Microsoft la chiusura di 4 blog che incitavano all’anoressia e bulimia. Le pagine personali erano ospitate in Microsoft Windows Live Spaces. Santiago Ramentol, presidente dell’agenzia (Iqua), si e’ detto ‘molto soddisfatto’ perche’ le pagine consigliavano alle ragazze come perdere radicalmente di peso. E’ la prima volta che un’impresa che fornisce pagine personalizzate accetta una richiesta di questo tipo.

Non sembra possibile essere d’accordo.
Per due ordini di ragioni.

Prima di tutto, la libertà di manifestazione del pensiero è un valore fondamentale di ogni democrazia.
L’idea – apparentemente innocente – della censura di un blog, come di un giornale, come di una emittente, per motivi che riguardano il contenuto del pensiero pubblicato è aberrante.
Le ragazze anoressiche hanno il diritto di manifestare le loro opinioni.
Esattamente come chiunque altro ha il diritto di criticare queste opinioni.
Il problema non è la censura delle opinioni espresse da un malato, ma la critica di queste opinioni, attenta, puntuale, ma anche serena e rispettosa del suo punto di vista.
Lo Stato non può chiedere ad un media di censurare le opinioni degli autori.
Deve vigilare perché queste opinioni possano confrontarsi con opinioni diverse, in un dialogo serrato e costruttivo.
E’ ipocrita pensare che censurare un blog "malato" aiuti a superare la malattia.
Semplicemente la nasconde.
Ma questo non è un successo.

In secondo luogo, l’editore di un blog non è l’editore di un giornale.
I blog non hanno un direttore responsabile della linea editoriale.
I blog sono incompatibili con qualsiasi linea editoriale.
Chi scrive questo post non ha nulla a che vedere con molti altri blogger di Splinder.
Non sarebbe mai pubblicato dallo stesso giornale. E nemmeno lo vorrebbe.
L’idea di un controllo da parte del provider che cura l’hosting di un portale di blog è agghiacciante.
Significa trasformare l’idea di una comunicazione liberamente anarchica, ma anche perfettamente compatibile con i valori costituzionali della libertà di manifestazione del pensiero, in una testata giornalistica.
La blogosfera, se così si può chiamare, offre ai suoi frequentatori la possibilità di esprimere liberamente opinioni che difficilmente troverebbero un altro strumento per emergere.
Questo è uno straordinario passo in avanti nella affermazione di una coscienza collettiva democratica.
Ed è del tutto incompatibile con qualsiasi idea di controllo dei contenuti da parte dei provider.
L’unico controllo che può e deve esistere sono i commenti e il numero delle pagine viste.
Qualsiasi altro controllo adombra una idea di Stato etico che spaventa, perché intimamente fascista.

Chi li ha sciolti? (Cioni ti odia)

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/11/2007

Immag049Cioni è di Empoli.
Ma fa il politico a Firenze.
Ha un bel piglio.
Molto autoritario.
Ricorda di essere stato comunista, anche se non è sempre evidente.
Attualmente è un campione dell’ordine pubblico.
Si è già narrato del suo ruolo contro i lavavetri ed anche del fatto che la sua immagine è stata appesa ad una macchinetta che fotografa le infrazioni, con immediata apertura delle indagini da parte della Digos (nulla di meglio da fare? viene da domandarsi).

CioniSceriffo
Ora un qualche burlone gira con la vernice di notte e riempie i muri della città con la effige di Cioni.
La sua occhialuta pelata fissa i passanti.
Assomiglia al Benefattore di Zanjatin.
Durano poco.
Pochissimo.

Immag050Subito dopo essere dipinto, Cioni ha la forza di essere cancellato.
Sta diventando difficile trovare un Cioni ti odia senza qualcuno che lo copre.
Cioni fa paura.
Nessun proprietario di mura cittadine vuole essere considerato il complice di questa diffamazione.
Sicuramente vietata dalle norme di polizia.
Ma ci sono cose peggiori.
Molto peggiori.

A me, il Cioni ti odia di questi giorni mette di buon umore.
Dissacrare i potenti è una straordinaria forma di democrazia.

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