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Tag Archive for: politica

Chi li ha sciolti? (Cioni ti odia)

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/11/2007

Immag049Cioni è di Empoli.
Ma fa il politico a Firenze.
Ha un bel piglio.
Molto autoritario.
Ricorda di essere stato comunista, anche se non è sempre evidente.
Attualmente è un campione dell’ordine pubblico.
Si è già narrato del suo ruolo contro i lavavetri ed anche del fatto che la sua immagine è stata appesa ad una macchinetta che fotografa le infrazioni, con immediata apertura delle indagini da parte della Digos (nulla di meglio da fare? viene da domandarsi).

CioniSceriffo
Ora un qualche burlone gira con la vernice di notte e riempie i muri della città con la effige di Cioni.
La sua occhialuta pelata fissa i passanti.
Assomiglia al Benefattore di Zanjatin.
Durano poco.
Pochissimo.

Immag050Subito dopo essere dipinto, Cioni ha la forza di essere cancellato.
Sta diventando difficile trovare un Cioni ti odia senza qualcuno che lo copre.
Cioni fa paura.
Nessun proprietario di mura cittadine vuole essere considerato il complice di questa diffamazione.
Sicuramente vietata dalle norme di polizia.
Ma ci sono cose peggiori.
Molto peggiori.

A me, il Cioni ti odia di questi giorni mette di buon umore.
Dissacrare i potenti è una straordinaria forma di democrazia.

Stiven – Un disgraziato

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/11/2007

Stiven ha i piedi particolarmente lunghi.
Quando era piccolo, sua madre, che lo vedeva con gli occhi di madre, diceva: No, è normale, è solo che ha i piedi un pò troppo lunghi.
Non è cresciuto bene.
Per nulla.
A partire male, ci aveva pensato da solo.
La sfortuna ha pensato al resto.
I suoi genitori sono morti quando aveva quattordici anni.
Lui è rimasto con un fratello di una venticinquina di anni.
Si è appassionato ai baracchini: ci passava le giornate.
Intere giornate a urlare dentro una radio, senza accorgersi che il suo tono di voce, il suo modo di accavallare le parole, il suo modo di inciampare nei discorsi senza più riuscire a rialzarsi lo rendeva grottesco.
L’inverno capitava che il fratello avesse bisogno della casa libera per ragioni di carattere sentimental-igienico e Stiven veniva chiuso in terrazza, a notti intere, con la sua radio, a far finta di essere felice, che tutto andasse bene.
Ha trovato lavoro come facchino.
In un albergo di penultima categoria.
In estrema periferia.
Uno di quegli alberghi che le prostitute vicino al fondo della loro scala merceologica usano per incontrare i clienti.
Sitven è diventato un puttaniere convinto.
Con la sua bocca perennemente aperta, un filo di saliva che scende verso il mento, i capelli unti, la pelle piena di brufoli.
Sempre più grottesco.
E’ diventato difficile frequentarlo.
Parlava solo delle sue amiche.
Ci metteva ore e donava una angoscia terrificante.
Si è trasformato nella polvere che una colf pigra nasconde sotto il tappeto.
Invisibile.
Stiven adesso è in prigione.
Dicono che abbia violentato una bambina.
Non è improbabile.
Ieri, in centocinquantamila, hanno marciato anche contro di lui.
Forse non lo meritava.
Forse continua ad avere bisogno di una riflessione un pò più approfondita.
Forse se la sua mamma non avesse pensato che il suo problema fossero i piedi troppo lunghi, se qualcuno la avesse aiutata a capire quel figliolo sfortunato, se il fratello fosse stato un pò meno crudele, Stiven adesso sarebbe una persona ragionevolmente felice.

Un complotto piduista

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
22/11/2007

Per Fedele Confalonieri, la scoperta di un network di condivisione mediatica fra Fininvest e la Rai della scorsa legislatura è un complotto piduista.

Dall’elenco degli iscritti alla Loggia P2, agli atti della Commissione parlamentare di inchiesta:

Berlusconi Silvio, Milano, industriale, Tessera 1816, codice E.19.78 [E = socio effettivo; 1 = fratello massone; 9 = ramo di attività, enti vari; 78 = data di iscrizione], gruppo 17, fascicolo 0625. Versamento per quote 1978 L.100.000 con ricevuta del 5 maggio 1978, n. 104, barrato giallo.

Chi è che fa i complotti?

Il pipi di Berlusconi e la ghigna di Di Pietro

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/11/2007

Ballarò, 20 novembre 2007.
Ci sono Di Pietro, Antonio Padellaro, la_Melandri (è tutta una parola), la_Santanché, Tabacci, Bonanni.
Tabacci si offre a Di Pietro, con fare ammiccante, per la costruzione della cosa bianca.
Di Pietro si compiace vigorosamente.
stor_11650478_34090 Viene afferrato da uno sturbo di coscienza e si sente in dovere di precisare che lui sarà l’ultimo giapponese a difendere il governo Prodi, che pur di non farlo cadere si taglierà la mano destra, che agita dinanzi alla telecamera, come Muzio Scevola davanti a Porsenna.
Si accorge di avere esagerato per la seconda volta: se è così fedele perché accetta di andare sotto braccio con Tabacci? E dice: Vedete, io non ce la faccio più a vivere una maggioranza così. Io voglio stare con persone che vogliono fare, con persone serie.
Si sente in dovere di precisare che sulla fedeltà della Italia dei Valori nessuno può dire nulla, che Turigliatto è stato eletto con i voti di un altro alleato.
Scoppiano applausi a scena aperta.
Davvero impossibile non restare stupiti.
Passi che quando Di Pietro ricorda il disegno di legge Grillo sui parlamentari condannati o indagati nessuno gli rammenti di Gorrini e Osvaldo Rocca: sono più di dieci anni e sarebbe di cattivo gusto rinvangare le indagini di Biondi, che non è stato certo il più impeccabile dei guardasigilli dell’Italia repubblicana.
Ma che quando parla di Turigliatto, nessuno gli ricordi di De Gregorio è davvero singolare.
00022731Il lombrosianissimo senatore De Gregorio, noto per avere sottoscritto assegni scoperti, che non è più un reato ma nemmeno una bella abitudine, successivamente trovati in casa di  un camorrista, indagato per riciclaggio, e che è stato eletto nella Italia dei Valori e ha subito voltato gabbana per diventare presidente della commissione difesa del Senato, davvero non lo ricorda nessuno?
Davvero nessuno ha voglia di rinfacciare a Di Pietro che il primo Turigliatto è stato De Gregorio (e con molta meno dignità, oserei dire)?
Era una battuta facile e scontata.
Ma nessuno ha ritenuto di provarla.
Non la Melandri, che ha bisogno di tenerselo buono.
Non Tabacci, che se lo vuole portare al caldo dentro la cosa bianca.
Non la Santanché, che non lo  vuole nemico.
Insomma, nessuno era smemorato, ma il pipi di Berlusconi spinge forte e costringe tutti a corteggiare il senatore Di Pietro anche a costo di apparire completamente idioti.
Di là, dal miliardario ridens, Califano guidava gli etero contro i gay, dicendo che lui non si approfitta delle donne, ma sono le donne ad approfittarsi di lui.
In un altro momento, avrei sollevato le sopracciglia in un moto di sorpresa e disappunto.
Non in quello: Tabacci, Padellaro, Melandri e Santanché (per tacere di Bonanno) hanno fatto impallidere anche la faccia di bronzo del Califfone.

Il 49 di Berlusconi

19 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/11/2007

Si sa che Berlusconi ha annunciato lo scioglimento di Forza Italia, che è un partito politico, e la formazione di un nuovo partito politico: il partito del popolo italiano, che ci è piaciuto chiamare Pipi, o meglio il pipi di Berlusconi.
Tuttavia, a Berlusconi forse sfugge il senso dell’art. 49, Cost. che dice: tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente per concorrere con metodo democratico alla formazione della politica nazionale.
Alla luce di questo articolo, è possibile chiedersi che diritto abbia Berlusconi di annunciare lo scioglimento del partito politico che ha fondato?
In realtà, non ha questo diritto.
Il partito politico che ha fondato non gli appartiene, appartiene a tutti coloro che si sono associati in esso.
Berlusconi annunciando di sciogliere il movimento politico confessa di considerarlo una cosa sua.
Ma se il partito che ha fondato è una cosa sua, questo partito  può concorrere con metodo democratico alla formazione della politica nazionale?
Probabilmente, un partito per poter partecipare alla vita democratica del paese deve essere prima di tutto un organismo democratico, deve vivere di una essenza profondamente democratica.
Ma le dichiarazioni di Berlusconi, che ha scelto significativamente piazza San Babila, strizzando l’occhio alla destra di Storace, negano questa essenza.
E sono perciò preoccupanti.
Forza Italia non è democratica.
Il partito del popolo italiano non sarà più democratico di forza Italia.
L’apparente suicidio politico del primo partito italiano, in realtà, è la confessione della sua natura autocratica.
Ma un paese in cui il primo partito è autocratico può essere una democrazia?

Il pipi di Silvio

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/11/2007

Che Berlusconi si dia al pipi e’ cosa che nessuno avrebbe potuto sperare.

Nemmeno la Brambilla, sinceramente provata dalle gelosie soffocate di Bondi e Dell’Utri.

Ha scelto piazza San Babila, un bagno di folla nazionalpopolare, più simile alla inaugurazione di un ipermercato che alla politica plebiscitaria di questi ultimi tempi.

Ci e’ arrivato dopo avere allontanato Fini e Casini con offese da basso trivio e Bossi che di politiche del pipi se ne intende  non commenta e sta a guardare.

E la apparente assurdita’ di questa mossa e’ preoccupante: timeo danaos et dona ferentes.

De André per la mia generazione

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/11/2007

La mia generazione non ha fatto il sessantotto.
Non è nemmeno stata in piazza durante il settantasette.
La mia generazione è stata giovane negli anni della pantera, che a Firenze è un modo di dire non troppo elegante e si usa per alludere che è bionda ma ce l’ha nera.
Però abbiamo avuto De Andrè.
E ci ha portato in tutti i luoghi che non abbiamo vissuto.

Violenze (inutili?)

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
13/11/2007

Un poliziotto della stradale ha ucciso una persona che sedeva in una auto.
Un immigrato clandestino ha ucciso una persona che tornava a casa.
Un padre ha ucciso la figlia che voleva vivere la sua vita.

Sembrano violenze inutili.
Lo sono davvero?

E’ davvero impossibile pensare che prendere una persona, addestrarla all’uso delle armi, convincerla che l’ordine pubblico è un importante valore costituzionale e dopo metterla a passare le sue giornate dietro ad un autovelox, appostata come un apache in uno spaghetti western, non sia pericoloso?
Potrebbe anche accadere, come forse è accaduto, che quando a questa persona sembra di poter finalmente fare quello per cui è stata addestrata, la sua ansia uccida qualcuno che non c’entra nulla o che comunque non aveva il diritto di morire in quel modo.

Egualmente, non pare molto difficile immaginare che la massa delle persone invisibili, che vivono ai margini della nostra quotidianità, sparata nel buio delle loro baracche da televisioni accese come falò nella notte di Custer, non possa non ribellarsi.
Anche con un gesto idiota, un gesto da pecora nera, un gesto ignobile.
Il genere di gesto che compie una vittima quando decide di essere, per qualche secondo, carnefice.

Così è di una cultura importata come se fosse cibo giapponese, senza nessun tentativo di comprenderla o di accoglierla.
Può succedere che diventi una miscela che si rivolta contro l’inadeguato, contro la persona che non riesce a capire cosa gli accade intorno, e si ribella chiudendosi in un tradizionalismo ancestrale che funziona alla maniera di una coperta di Linus, fino a soffocarlo, perfino negli istinti più inevitabili.

Sono tutte violenze inutili.
Incomprensibili.
Stupide.
Inaccettabili per una cultura privilegiata.
Odiose alla classe dominante.
Ma perfettamente razionali e ragionevoli se si guardano le folle che si scatenano contro il popolo rumeno e picchiano dei disgraziati su un muretto fuori da un hard discount o che si divertono a giocare a corteo (il war game molto anni di piombo che faceva scontrare manifestanti e polizia) contro una caserma ed una sede della televisione di Stato.
Sono esattamente l’altra faccia di quelle folle.

Tor di Quinto

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/11/2007

In questi giorni, l’omicidio di Tor di Quinto è diventato un fatto nazionale.
La politica se ne è occupata a lungo.
Un disegno di legge è diventato un decreto legge con lo scopo di agevolare le espulsioni.
Il governo rumeno ha protestato formalmente e un fatto di cronaca nera rischia di assumere dei toni internazionali.
Eppure non riesco a criminalizzare questi disgraziati che cercano di sopravvivere.
Non ci riesco e non mi sembra giusto.
Qualche giorno fa, il 17 ottobre, più precisamente Giulia ha descritto nel suo blog due bambini che accompagnavano il padre mutilato in metropolitana (http://toccaride.splinder.com).
Ho trovato questo post molto bello.
Toccante.
Giulia è tornata al campo nomadi la domenica successiva (21 ottobre, post del 22 ottobre).
E non le è successo nulla.
Può darsi che sia stata fortunata.
Può darsi che non ci torni più.
Non lo so.
So, però, che generalizzare non è giusto: ogni gregge ha le sue pecore nere.
Ma difficilmente esistono greggi di sole pecore nere.
Come esiste un disgraziato che ammazza per pochi soldi, per tanta disperazione, per nevrosi o follia, ci sono anche dei bambini che aiutano il padre a salire su un vagone della metropolitana, che strisciano insieme a lui.
Ed hanno diritto di fare notizia, anche se non hanno avuto l’idea di bruciare vivi dentro ad una baracca.
Ci facevano pena gli orfanatrofi di Ceasescu.
Ma questi che oggi abbiamo davanti sono esattamente gli stessi bambini.
Cresciuti, magari.
Diventati delle pecore nere.
Degli assassini.
Ma sono loro ed hanno diritto alla nostra stessa aria.

Scorte e scortati (abstract)

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/10/2007

Le scorte servono a proteggere gli scortati dai pericoli e lo Stato dagli scortati.
Se si ha paura della scorta, o si ha paura di una ribellione della scorta o si ha paura di quello che la scorta può vedere.
Il primo è uno scenario tipico dell’impero romano: nella storia repubblicana, le scorte hanno conosciuto molte vittime, ma non pare che ne abbiano fatte fra gli scortati.
Il secondo è uno scenario che non deve spaventare chi usa della scorta unicamente per i doveri del proprio ufficio.
Le esternazioni dei giudici sono temibili: il giudice che si rivolge direttamente all’opinione pubblica elude il principio di soggezione alla legge – e solo alla legge – convocando il popolo ad referendum sul proprio operato.
E questo spaventa.
Soprattutto chi ricorda l’unica esternazione di Sua Eccellenza Galizia, presidente della Corte d’Appello di Firenze durante il fascismo, e famoso per avere assolto pressocché tutti i crimini politici o contro la religione sottoposti al suo giudizio.
Questi avvisato che i frati di un santuario avevano cacciato il cadavere del figlio dalla chiesa perché partigiano, attraversò, senza scorta, piazza San Marco e via Battisti, bussò alla porta del convento e prese il priore a sonori calci nel sedere.
Di lui, parlava Calamandrei quando introduceva il principio di indipendenza della magistratura.

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