Bersani ha [trionfato] alle primarie.
In questo senso, gran parte dei commenti di ieri sera ed oggi, che lo incoronano come un imperatore eletto dal popolo.
Ma non è così, e lo dicono i numeri.
La sostanza delle regole è che assomigliano molto ai cocomeri.
E’ poca e si deve essere fortunati per trovarne una che ha sapore.
Quello che colpisce di primo acchito nel dibattito di ieri non sono stati gli attacchi di Renzi o le risposte di Bersani, in una guerra Ermanno Scervino / Lebole, dominata dai nodi delle cravatte – l’uno da prima comunione, l’altro da agente di commercio -, bensì i silenzi del segretario e i suoi sottovoce.
La commedia delle primarie della coalizione di centro sinistra si è arricchita di un passaggio ulteriore.
Prima si sapeva che non si poteva votare al ballottaggio se non si era votato al primo turno.
Adesso, viene detto che è possibile votare al secondo turno anche se non si è votato al primo, ma solo se si hanno delle giustificazioni considerate valide da un’apposita commissione.
Le primarie hanno esaurito i loro risultati. C’è circa l’otto per cento fra Bersani e Renzi, mentre Tabacci, Vendola e la Puppato si spartiscono, in misura molto diversa fra di loro, il venti per cento dei voti residui.
Eppure quello che fa pensare non è questo.
Ma anche parecchio…
Se poi si aggiunge che l’Iphone non riesce a superare il firewall dell’informativa privacy.
E che è la prima volta che il consenso sulla privacy serve a penetrare un sito.
Come se aver voglia di votare all’ultimo momento fosse più sconcio che schiantarsi di milf…
Lo strologo di Brozzi era solito consultare le stelle camminando, ma non fu capace di prevedere il pozzo nel quale cadde.
Lo strologo di Arcore ha previsto un grande futuro per il partito dell’amore alla guida della figlia, Marina Berlusconi.
La figlia non ha commentato. L’unica immagine è il labbro leporino (o pecorino) di Alfano che compulsa – aruspice – il cellulare.
Probabilmente, Marina Berlusconi è il futuro del partito azienda. Da presidente di Fininvest, può assicurare la continuità monarchicamente aziendale del padre anche in politica.L’unica immagine è il labbro leporino (o pecorino) di Alfano che compulsa – aruspice – il cellulare.
Quello che colpisce, però, è l’espressione: Lei è come me. Ogni padre desidera trovare i propri sogni nei figli. Desidera che i suoi sogni si avverino nella loro vita. Oltre questo desiderio, però, la strada si biforca: i figli davvero felici sono quelli che percorrono la loro strada, che, assai difficilmente, sarà quella dei loro genitori. Se insegni diritto costituzionale, speri che tuo figlio sia un pompiere contento di essere un pompiere, senza nessuna ombra a coprirgli le spalle mentre cammina verso il futuro.
Non Berlusconi, lui è felice di “avere” una figlia come lui.
Noi, al contrario, non possiamo non essere preoccupati.
E parecchio.
Le primarie del centrosinistra offrono un interessante spaccato della società italiana, sembrano costruite intorno ad un giallo di Klaus Van Beyme.
C’ è la signora di mezz’età avanzata che sfodera una nostalgia di biondo, molto da panetteria; il giovane rampante, simpatico ed un po’ briccone; il signore dall’aria established che rassicura come un direttore di banca nella discussione attorno al mutuo; la cravatta indossata con la perfezione di una tuta da meccanico e il poetico acchiappasogni che ammicca con l’orecchino pendulo.
Non sembrano di centrosinistra e lo svelano con il pantheon. Alla domanda molto americana del conduttore eccessivamente yankee su chi siano (non più di due) i riferimenti storici e culturali ai quali i candidati intendono far riferimento, spuntano due volti inaspettati: l’eredità socialcomunista, incarnata, in modo molto diverso, da Bersani e Vendola, risponde con Papa Giovanni XXIII, sapeva cambiare le cose senza che nessuno si spaventasse, e Carlo Maria Martini, era sensibile ai temi contemporaneamente etici.Non sembrano di centrosinistra e lo svelano con il pantheon. Alla domanda molto americana su chi siano i riferimenti storici e culturali ai quali i candidati intendono far riferimento, spuntano due volti inaspettati: un Papa ed un cardinale
C’è bisogno di rassicurare: sono stato comunista, ma non mangio i bambini, dice l’uno; sono omosessuale ma vado in chiesa, echeggia l’altro.
Cristo, il povero Cristo di Guareschi, immagino si volti dall’altra parte: mica tanto bello utilizzare una religione come passaporto. Tanto vale usare il sedere….
Ambrosoli ed Albertini hanno annunziato la loro candidatura a governatore della Lombardia.
E’ una notizia con gli occhi a mandorla: dal punto di vista di uno straniero, non è sempre facile ricordare i tratti individualizzanti di un orientale.
Ad un’occhiata distratta sembrano davvero tutti molto simili.
Lo stesso si può dire dei due candidati a governatore.
Vantano una storia politica non troppo diversa e, soprattutto, hanno una identità sociale e culturale che si assomiglia tremendamente.
Il terrore elettorale in una democrazia della deselezione spinge a scegliere candidati quasi identici.
Le elezioni lombarde spaventano entrambi gli schieramenti. L’uno colpito gravemente dalla sindrome di Sesto San Giovanni e l’altro ammalato di formigonite.
Entrambi gli schieramenti possono solo perdere e la loro unica speranza di vincere è che i loro elettori siano più spaventati dal candidato avversario che dal proprio.
In questo contesto, i movimenti politici hanno deciso di condividere il candidato: due persone diversamente eguali.
Cosicché la vittoria del candidato avversario non possa comunque essere la sconfitta del proprio.
Ma una politica con gli occhi a mandorla può essere ancora considerata politica?
Forse no.
Tuttavia se la politica è Formigoni o Penati, forse questo non merita di essere considerato come un problema.
Tristi funerali, quelli di Rauti.
Non tanto per la morte di un anziano che è stato giovane fondando ordine nuovo, con un ruolo nei fatti di Catanzaro ed in quello strano periodo della nostra storia che noi chiamiamo strategia della tensione ed i giornali stranieri definiscono Italian game, come se piazzare delle bombe potesse essere un modo di aprire una partita a scacchi.
Quanto piuttosto per le contestazioni a Fini, dure, serrate, guidate da braccia destre alzate al cielo e da un ritornello Badoglio, Badoglio…
Semplici rigurgiti di fascismo?
Il fascismo è scomparso da molti anni.
Da molti anni, l’Italia merita di essere considerata una repubblica controfascista e le stesse libertà devono essere rilette a partire dalla XII disposizione transitoria della Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista.
Non è questo che si può vedere nel ritornello gridato contro il Presidente della Camera e che lo accusava di incarnare lo spirito di Badoglio.
Quel ritornello ricorda da vicino uno degli ultimi discorsi di Mussolini, il discorso pronunciato da Radio Monaco il 18 settembre 1943.
Colpisce di quel discorso la veemenza con cui la responsabilità per la fine del fascismo, dell’era fascista è attribuita agli ambienti monarchici e, in particolare, al maresciallo Badoglio.
Il fascismo non è finito per colpa (o merito) di Badoglio.
E’ finito perché è stato condannato dallo spirito dei tempi, perché è stato, alla fine, oggetto di un rifiuto da parte di quella società che lo aveva fatto nascere.
La nascita e la morte del fascismo sono responsabilità degli italiani, secondo il pensiero di Gobetti.
Dare di Badoglio al Presidente della Camera dei Deputati significa ignorare questo.
Significa continuare a pensare che il fascismo sia finito per una vigliaccata e non perché la società civile lo ha espulso da se stessa, dopo averlo lungamente coltivato e blandito.
E questo è inaccettabile.
O meglio è il segno di una ignoranza della storia che fa pensare con tristezza a chi ci ha preceduto subendo di sé il male di una giovinezza che non avrebbe voluto invecchiare.