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Tag Archive for: politica

www.primarieitaliabenecomune.it (A proposito di un imperatore eletto dal popolo)

0 Comments/ in Uncategorized / by Gian Luca Conti
05/11/2012

Forse la cosa più divertente delle primarie nel centro sinistra è il dominio scelto per registrarsi.
Impronunciabile ed impossibile da ricordare: come se dicesse che non importa votare, che se non si è davvero organici ai misteri del partito, è molto meglio non votare.
Meno divertente il sudore di Renzi o la serena, democratica impassibilità del toscano di Bersani.
Una dialettica difficile da portare avanti: per un verso, una passione per i nuovi meccanismi controdemocratici, dall’altra parte, il terrore lasciato dalla lenta scomparsa della Costituzione.
Facile rifugiarsi dentro un nome a dominio che pare la roulotte della banda bassotti.
Ancora meno divertente lo slogan messo in piedi per portare i cittadini_compagni_simpatizzanti al voto: Italia bene comune.
Uno slogan che puzza di stantio, di retorica, che strizza l’occhio ai movimenti che hanno sostenuto l’ondata referendaria contro l’acqua degli acquedotti.
Soprattutto uno slogan che ignora come l’Italia non possa essere considerata un bene. Nel testo costituzionale, l’Italia è la Patria, ovvero qualcosa di diverso da un bene. Non qualcosa che può essere oggetto di pretese giuridicamente rilevanti, di “apprensione”, ma l’insieme dei valori che uniscono il popolo.
Considerare la Patria come un bene sa molto di cosa nostra.
Dispiace doverlo osservare.
Ma più di tutto quello che infastidisce di queste primarie è il senso di individuare il leader che dovrà partecipare alla competizione elettorale come candidato primo ministro.
Concentrare il potere in una sola persona designata dall’intero corpo elettorale mediante una decisione a maggioranza significa affidarsi ad un imperatore eletto dal popolo. E’ l’osservazione di Toqueville a proposito del sistema americano.
Anticipare questa scelta mediante le primarie demoltiplica la legittimazione dell’imperatore eletto dal popolo? O, nel nostro sistema, lo trasforma nell’imperatore di una parte del popolo? Pericolosamente ondeggiante fra il troppo vicino ed il troppo lontano?

http://profstanco.altervista.org

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
23/11/2011

Screen Shot 2011-11-23 at 10.44.31 AM

Trasferito.
Non senza una certa tristezza…

Tira aria di ordine pubblico

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/10/2011

battaglioneIl ministro Maroni e l'on. Di Pietro annunciano di voler rispolverare la Legge Reale (legge 22 maggio 1975, n. 152).
E' stata una legge che ha sollevato un dibattito forte su ordine pubblico e Costituzione.
Pacificamente molte delle misure di prevenzione previste dalla Legge Reale erano in attrito con il tessuto costituzionale delle libertà.
Questo attrito fu considerato tollerabile da una dottrina dell'emergenza costituzionale, basata sul brocardo necessitas non habet legem.
Chi scrive ha sempre considerato questa impostazione ipocrita: le libertà ci sono o non ci sono ed affermare che la necessità di difendere la Costituzione può portare al sacrificio di alcuni valori costituzionali è esercizio di ipocrisia reazionaria ed anticostituzionale.
Ma resta la voglia di ordine pubblico, che è voglia di uno Stato autoritario, forte, in grado di offrire sicurezza piuttosto che libertà. Uno Stato paterno, nel senso peggiore della parola.
Il PD è attento a non offendere Di Pietro e tace criticamente.
Ma la questione che sfugge, che questa voglia fa trascurare, è diversa. Il movimento degli indignati chiede democrazia senza capi, che è un obiettivo irrealizzabile sin dai tempi di Rousseau. In questo è velleitario. Non è velleitario, invece, quando pone il problema della scelta dei capi, che è una questione centrale nelle moderne democrazie, come insegnano sia Kelsen che Dahrendorf. E non è per nulla velleitario quando rifiuta la logica di partiti appiattiti su leadership carismatiche, ancora più pericolose per la democrazia di una monarchia ereditaria.
E la sensazione è che Di Pietro e Maroni ci vogliano far dimenticare, con la loro voglia di ordine pubblico, proprio questo.
Ovvero l'unica novità positiva della peggiore legislatura repubblicana.

Il Parlamento boccia il rendiconto finanziario: vuol dire qualcosa?

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/10/2011

Ragioneria-Generale-dello-StatoIl Parlamento ha bocciato, o meglio non ha approvato, il rendiconto generale dello Stato.
Cosa significa?
Sul piano istituzionale, il rendiconto generale dello Stato non è un atto politico.
Ma lo è la sua approvazione.
Il rendiconto è un documento predisposto dalla Ragionieria dello Stato e presentato dal Ministro delle Finanze che mostra il modo con cui la manovra finanziaria e la legge di bilancio sono stati attuati nell'anno precedente.
Serve a consentire al parlamento di esercitare la propria funzione di controllo sul governo vedendo analiticamente come sono stati spesi i denari pubblici.
Di conseguenza, in uno schema invariato sin dalla legge 457 del 1978, il governo è chiamato a presentare al parlamento un documento che serve a "rendere conto" della azione governativa ed il parlamento è chiamato ad approvare o meno questo documento.
Il primo atto, il disegno di legge, non è un atto politico, è la presentazione di una contabilità redatta secondo criteri economici che hanno come scopo principale l'esattezza e la verità di quanto rappresentato.
Il secondo atto, l'approvazione, è un atto politico, perché giudica se quanto rappresentato corrispondeva alla volontà direttiva dello Stato impressa nei documenti di programmazione economica e finanziaria e nella legge di bilancio.
Di conseguenza, la mancata approvazione del rendiconto generale dello Stato non è un incidente tecnico.
Dovrebbe essere, nel suo significato istituzionale, la bocciatura della azione di governo.
Non lo è solo a causa della straordinaria legittimazione che deriva al primo ministro dalla elezione diretta.
Eppure questo evento è significativo di un altro fenomeno che sta emergendo in questo scampolo di legislatura.
La maggioranza si è voluta rendere autonoma dalle minoranze. Ha voluto essere l'unica forza che rappresenta l'unità della nazione. La sostanza della dialettica parlamentare si è immiserita in una sequenza di voti dominati dalla disciplina di partito, senza nulla della ricerca di compromessi che costituisce l'essenza del parlamentarismo.
Ma la forza delle minoranze si è trasformata, mentre la maggioranza le schiacciava in un Aventino determinato dalle riforme regolamentari e dalla loro attuazione sempre più spregiudicata, il bisogno di una minoranza che è immanente al principio democratico, si è trasferito all'interno della stessa maggioranza.
Oggi le minoranze non sono più quelli che hanno perso le elezioni, ma quanti nella maggioranza potrebbero scomparire dalle prossime elezioni e questi soggetti si fanno forza di una formidabile capacità di ricatto perché senza il loro voto la maggioranza non è più maggioranza.
Una maggioranza che decide di fare a meno della minoranza diventa schiava delle minoranze interne alla maggioranza.
Difficile capire se questa sia una vendetta del principio democratico o la sua resurrezione.

La democrazia degli ateniesi

7 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/10/2011

gallery-grecia-1_97461Atene sta bruciando sotto il peso del debito pubblico e del disavanzo.
Mentre Atena brucia, Jean Paul Fitoussi afferma che gli aiuti forniti dall'Europa sono una misura speculativa.
C'era bisogno di Fitoussi per capirlo?
Se un paese, una banca, una industria, un artigiano o una famiglia non riescono più a onorare i propri debiti sono solo gli strozzini a fregarsi le mani con soddisfazione.

Irrituale (La testimonianza del Capo del Governo)

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/09/2011

work permits_Gend de Justice BWL’ultima del Capo del Governo è il netto rifiuto di prestare la propria testimonianza a Napoli, dinanzi ai giudici che indagano sulle attività di Tarantini.
Non avrebbe torto.
Per l’art. 205, secondo comma, c.p.p.: “Se deve essere assunta la testimonianza di uno dei presidenti delle camere o del Presidente del Consiglio dei Ministri o della Corte costituzionale, questi possono chiedere di essere esaminati nella sede in cui esercitano il loro ufficio, al fine di garantire la continuità e la regolarità della funzione cui sono preposti.”
La disposizione trova il proprio fondamento nell’art. 356 del codice di procedura penale del 1930, che stabiliva questo privilegio per i grandi ufficiali di Stato, i cardinali ed i principi reali.
La Corte costituzionale di Sandulli, Mortati e Branca con sentenza n. 76 del 1968 ebbe a riconoscere la ragionevolezza di questa disposizione, perché la stessa non costituisce un privilegio per determinate categorie di persone, ma ha come scopo quello di assicurare la continuità di una funzione: “la norma impugnata, quale che fosse all’origine l’intenzione del legislatore, si ispira attualmente non a un malinteso prestigio di persone che ricoprano certe cariche, ma, come le altre norme contenute nella stessa disposizione, a innegabili necessità e garanzie dell’ufficio di cui quei soggetti siano titolari: chi occupa certe posizioni al vertice dei poteri dello Stato svolge compiti nei quali, per la loro importanza e per la loro delicatezza, egli é spesso insostituibile; di modo che, se dovesse raggiungere luoghi lontani dalla sua sede od allontanarsi dal suo ufficio per testimoniare in giudizi eventualmente anche di scarso rilievo, ne soffrirebbe o ne potrebbe soffrire la continuità o la regolarità della funzione: altrettanto invece non é a dire né del comune testimonio, né del giudice istruttore, che, del resto, se la testimonianza deve essere raccolta fuori della sua sede, può essere sostituito da un magistrato del luogo”.
Quindi:
(i) la Procura di Napoli ha tutto il diritto di ascoltare come testimone il Capo del Governo;
(ii) il Capo del Governo può solo chiedere di essere ascoltato presso i propri uffici, anziché recarsi presso gli uffici del magistrato inquirente.
Se chiede di essere ascoltato presso i propri uffici si pone il problema dell’accompagnamento coattivo.
L’accompagnamento coattivo del Capo del Governo presso gli uffici del Capo del Governo presuppone che gli stessi siano messi a disposizione dal Capo del Governo e che siano richiesti dalla Procura di Napoli.
Il che sul piano materiale non pare per nulla semplice.
Ma il problema è un altro: perché il Primo Ministro non ha chiesto l’applicazione dell’art. 205, secondo comma, c.p.p.? Perché ha invocato una modalità di ascolto non consentita dal codice di procedura?
Forse per consentire alla Corte costituzionale che dovrà decidere sul conflitto fra Governo e Procura intorno alla testimonianza del Presidente del Consiglio di pronunciarsi in rito, con una sentenza del genere: Il Capo del Governo deve rendere la sua testimonianza, ma la deve rendere nei termini di cui all’art. 205, secondo comma, c.p.p., rimandando nella sostanza il tutto ad un momento più quieto.

Sindrome Deltchev (La prescrizione di Cofferati)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/08/2011

urlLa costante richiesta al compagno Cofferati di rinunciare alla prescrizione pone una questione di sistema.
Primo: ho sbagliato persona, non è il compagno Cofferati, ma il compagno Penati che dovrebbe rinunciare alla prescrizione.
Secondo: confondere Penati con Cofferati, che merita le più ampie scuse per l'equivoco, non è solo una questione di assonanza ritmica fra i due cognomi.
E' un equivoco morale.
Bersani, Violante, Casson pongono la superiorità morale del partito democratico come l'aspetto principale della questione.
Forse non è questo l'aspetto principale.
La superiorità morale dei comunisti era un artificio retorico erogato a piene mani da Togliatti per giustificare una politica quanto mai complessa e moralmente discutibile: il costante compromesso con le forze politiche più reazionarie pur di arrivare al potere e di evitare la conventio ad excludendum.
In realtà, predicare una superiorità morale significa essere in grado di svolgere un discorso morale e comparativo, ovvero un discorso il cui autore ritiene di essere superiore agli altri.
E' una posizione moralmente inaccettabile: nessun essere umano ha il diritto di ritenersi superiore ad un altro essere umano.
Soprattutto, però, è un modo per evitare un nodo politico.
Il problema vero è la scelta di un partito popolare di essere il punto di riferimento di esigenze prettamente capitaliste, di essere il catalizzatore di istanze portate avanti dal mercato, di muoversi sul terreno delle banche (D'Alema), dei gruppi assicurativi (Consorte e Fassino), dei grandi interessi immobiliari (Penati).
Questo partito legge il financial times molto più dell'Unità del compagno Gramsci.
Predica la propria superiorità morale per giustificare i propri compromessi, esattamente come faceva Togliatti per votare a favore della costituzionalizzazione dei patti lateranensi.
Per questo Penati fa venire in mente Cofferati.
Ma tutti e due fanno pensare che questo partito non dovrebbe discutere di morale, dovrebbe lasciare la morale ai preti, che hanno un vangelo per giustificarla, e preoccuparsi di essere il punto di riferimento dei lavoratori nella loro lotta contro il capitale.
Penati può rinunciare o meno alla prescrizione.
E' un suo problema.
Il problema del partito democratico è un altro: smettere di essere un luogo di affari e riprendere lo spazio che un tempo occupava il massimalismo socialista nella storia della nostra stanca repubblica.

Quando un ministro viene interrogato …

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/07/2011

giulio-tremonti-largeIl Corsera di oggi pubblica una lettera del ministro Tremonti, che spiega le ragioni della convivenza con Milanesi ed i termini economici del menage.
Termini abbastanza oscuri, almeno per chi scrive, e comunque tratteggiati con un certo imbarazzo da parte del loro autore.
Ma in un punto la lettera è molto chiara: Quando un ministro viene interrogato pubblicamente, ha il dovere di rispondere pubblicamente anche se le circostanze su cui gli viene chiesto di rispondere riguardano la sua vita privata.
Non bisogna chiedersi che cosa abbia voluto dire.
E' tremendamente chiaro il riferimento al silenzio del capo del Governo sulle dieci domande che Repubblica gli pone dall'inizio del bunga bunga.
E suona come un definitivo saluto.
L'unica cosa che non è chiara è se sia il saluto di Tremonti o il saluto a Berlusconi.
Né è chiaro che cosa sia meno peggio da sperare.

Zingarate milanesi (Povera Moratti)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/05/2011

ultima-zingarata2-2697556_0x440Pare che Milano sia invasa da falsi nomadi e posticci punk_a_bestia che inneggiano a Pisapia.
Pare anche che vi siano stati dei "tecnici del Comune" che hanno iniziato a prendere le misure sul campo per la nuova mega moschea.
Pisapia oggi presenterà una denuncia per diffamazione.
La Moratti ci fa la figura della bischera.
Milano è la capitale morale di Italia e non accetta i burloni.
Povera Moratti.
Un altro passo falso.
Questa volta ha sbagliato città.
A Firenze, una mossa del genere le avrebbe fatto vincere le elezioni.

Una Milano bevuta

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
17/05/2011

CAMPARI_1964_MunariPisapia è avanti rispetto alla Moratti nel primo turno delle amministrative milanesi.
E' una notizia forte: il miliardario ridens aveva proposto Milano come test nazionale.
Naturalmente, non si può sapere se il secondo turno lascerà la Moratti perdente a Milano.
E' più probabile no che si.
Ma, forse, i commenti di oggi non colgono nel segno.
Non è vero che questo evento segna il tramonto del berlusconismo.
Non è corretta la tesi di Bersani per cui questa competizione elettorale segnerebbe una inversione di tendenza.
Forse le cose stanno in maniera diversa.
Berlusconi ha perso a Milano con una candidata – la signora Moratti – che è davvero lontanissima dal berlusconismo, come fenomeno antropologico.
Bersani ha vinto – dove ha vinto – con dei candidati che sono altrettanto lontani dalla cultura della sinistra democratica.
Che cosa è peggio: perdere con chi non ci rappresenta o vincere con chi egualmente non ci rappresenta?
Forse la seconda.
Sicuramente la seconda.

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