Lolite
Milano.
Liceo del centro.
Molto borghese.
Diciamo fra via dei Giardini e il Circolo della Scherma.
Ragazzina.
Quinta ginnasio, ottima famiglia di buona nobiltà industriale, con una qualche allure resistenziale.
Carina, come è carina una bimba cresciuta in un mondo nel quale tutti sono carini.
Nel quale essere carina assomiglia a un dovere sociale.
Quasi una questione di buon gusto.
Esattamente come l’intelligenza sensibilmente nevrotica della madre.
O gli abiti di buon taglio genovese del padre.
Smette di studiare.
Va a scuola senza portarci il cervello.
Mangia sempre di meno.
Si svuota.
Si svuota dal di dentro.
Il nonno si preoccupa.
La madre si preoccupa.
Il padre non c’è, naturalmente.
La madre trova un diario.
Agghiacciante.
Notti passate in gare fra ragazzine a chi si faceva sbattere da più uomini.
Con testimonianza via sms e autoscatto.
Interi pomeriggi a sniffare eroina, perché ha un prezzo compatibile con la paghetta e iniettarsela fa troppo tossici.
Un mondo di ragazzini svuotati.
Guidati da ragazzotti svuotati.
Pochi ragazzotti che esercitano uno strano carisma su molti ragazzini.
Lei, che è orgogliosamente fragile, cade nelle stanze buie di una noia rubata dal dolore dell’adolescenza.
Cade dentro il carisma oscuro dei più grandi.
Che sono tutti di ottima famiglia, figli di amici dei genitori, carini e intelligenti.
Forse, le classi separate dovrebbero essere per loro.
Anche se parlano benissimo in italiano.

Può accadere di trovarsi accanto un oggetto del genere.
I tatuaggi sono diventati una moda.
Evoca l’immagine delle domande che si agitano nel cervello del tipo che si governa la tatuata.
In Storie di ordinaria follia, da qualche parte, Carletto Bukowski scrive sul significato di governare un rottame.
Max Mosley è apparso su News Of The World, che non è esattamente il Times, nudo, unito selvaggiamente a cinque signorine di facili costumi, in un’orgia sadomaso con ambientazione nazista.
Mr. Paterson è il nuovo governatore di NY.