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Tag Archive for: solitudine

Il fotografo di matrimoni

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/11/2018

Il fotografo di matrimoni non voleva fare il fotografo di matrimoni ed è morto giovane.

Di qualcosa che non ha nome ma fa molto male. Anche a uno che amava il gioco e si stonava di bingo.

Odiava i matrimoni perché diceva che c’è una sottile distanza, un impercettibile confine fra gli istanti.

Ogni decisione è poco più di un attimo. Ma ci sono attimi nei quali si decide per tutta la vita.

Può andare bene e capita di essere felici ma può andare anche molto male ed essere infelici per tutta l’eternità. Può, infine, andare ancora peggio e passare la propria vita a rimpiangere di non avere deciso per paura di decidere.

Si deve scegliere con attenzione perché ci sono scelte che possono rovinare per sempre. Ma non con troppa attenzione perché niente è così importante da non meritare di essere giocato.

Odiava i matrimoni per questo. Perché lui sapeva vedere il futuro delle scelte degli altri attraverso il mirino della sua Yashica e non c’è niente di divertente nel fotografare la nascita di un inferno.

Virma (Il caldo che non arriva)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
03/07/2013

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Virma ha tutta l’aria della battona.

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Femori

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
15/03/2013

Il problema degli anziani è che quando si rompono non si dovrebbe chiamare la misericordia ma l’Asnu, che a Firenze era la municipalizzata dei rifiuti.

Occhi d’Husky

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/11/2012

Caracolla Occhi di Husky.
Cammina con una vecchia giacca a vento.
I capelli riccioluti di terzino invecchiato.
Ma soprattutto quegli occhi.
Freddi di stupore ed ingenuità.
Nessun barlume di intelligenza.
Solo una diligente stupidità di scolaro diligente.
Il genere che si stupisce di avere capito come si fanno le divisioni e si sente in dovere di spiegarle daccapo, senza capire che era solo lui a non capire.
Senza capire che la cortesia di chi lo ascolta si chiama noia.
Non è più solo Occhi di Husky.
Caracolla insieme al flettersi elegante di una ragazza ambrata.
Lo tiene per mano e non lo lascia.
Lui, artigiano, smonta un motore.
Lei, di un altrove in cui i fiori nascono nelle discariche, gli porge una chiave inglese.
Ascolta le sue spiegazioni, con una cortesia che potrebbe anche chiamarsi amore.
E c’è molta più dolcezza in questa immagine che in tanto Shakespeare.

Lacrime nere

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/11/2012

Tristi funerali, quelli di Rauti.
Non tanto per la morte di un anziano che è stato giovane fondando ordine nuovo, con un ruolo nei fatti di Catanzaro ed in quello strano periodo della nostra storia che noi chiamiamo strategia della tensione ed i giornali stranieri definiscono Italian game, come se piazzare delle bombe potesse essere un modo di aprire una partita a scacchi.
Quanto piuttosto per le contestazioni a Fini, dure, serrate, guidate da braccia destre alzate al cielo e da un ritornello Badoglio, Badoglio…
Semplici rigurgiti di fascismo?
Il fascismo è scomparso da molti anni.
Da molti anni, l’Italia merita di essere considerata una repubblica controfascista e le stesse libertà devono essere rilette a partire dalla XII disposizione transitoria della Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista.
Non è questo che si può vedere nel ritornello gridato contro il Presidente della Camera e che lo accusava di incarnare lo spirito di Badoglio.
Quel ritornello ricorda da vicino uno degli ultimi discorsi di Mussolini, il discorso pronunciato da Radio Monaco il 18 settembre 1943.
Colpisce di quel discorso la veemenza con cui la responsabilità per la fine del fascismo, dell’era fascista è attribuita agli ambienti monarchici e, in particolare, al maresciallo Badoglio.
Il fascismo non è finito per colpa (o merito) di Badoglio.
E’ finito perché è stato condannato dallo spirito dei tempi, perché è stato, alla fine, oggetto di un rifiuto da parte di quella società che lo aveva fatto nascere.
La nascita e la morte del fascismo sono responsabilità degli italiani, secondo il pensiero di Gobetti.
Dare di Badoglio al Presidente della Camera dei Deputati significa ignorare questo.
Significa continuare a pensare che il fascismo sia finito per una vigliaccata e non perché la società civile lo ha espulso da se stessa, dopo averlo lungamente coltivato e blandito.
E questo è inaccettabile.
O meglio è il segno di una ignoranza della storia che fa pensare con tristezza a chi ci ha preceduto subendo di sé il male di una giovinezza che non avrebbe voluto invecchiare.

Chi li ha sciolti (Acc, ho scordato il coltello)?

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/09/2011

2011_03_10_19_13_220Disgrazia piuttosto imbarazzante.
Un tipo lega insieme due donne consenzienti in modo che il respiro dell'una dipenda dalla capacità dell'altra di restare in piedi.
Una delle due non riesce a restare in piedi e cade.
Strangola la prima e si fa molto male.
Il tipo viene portato in prigione: omicidio volontario.
Avrebbe volontariamente causato la morte della prima e le lesioni della seconda.
L'accusa viene poi derubricata a omicidio preterintenzionale.
Il tipo avrebbe considerato la morte come una possibile conseguenza delle lesioni che ha volontariamente inflitto.
Probabilmente la sostanza giuridica della questione è diversa: omicidio colposo.
Le due disgraziate hanno affidato la propria vita al tipo confidando nelle sue capacità di esperto in nodi e giochi erotici.
Il tipo ha mancato al proprio compito perché non ha tenuto conto delle precauzioni necessarie nel caso di specie.
Insomma, nulla di diverso da una morte sul lavoro: dove l'imprenditore tradisce la fiducia del proprio dipendente perché non pone in essere le cautele opportune ad evitare il prevedibile incidente.
Tutto questo in termini giuridici.
Sul piano umano, resta – dolorosa – la domanda del genitore: quale solitudine può avere spinto mia figlia a cercare la propria fine in questo modo?
Certe morti uccidono più di altre.

Parole

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/07/2011

IMG_0553Quello che vorrei essere.
E' un pianto mite e soffocato.
Un pianto appena percepito in una pausa del nulla che una volta si poteva chiamare l'altro capo del filo.
Una voglia di piangere che è senso di verità.
Non compassione, verità.
Per un bambino annegato in una spiaggia che amo.
Per gli occhi che lo hanno cercato.
Per le bracciate inutili.
Per quel babbo che conosco e quella mamma che conosco anche meglio.
Per quella vacanza che era la prima in cui non erano più insieme.
Questo pianto soffocato vorrei essere, ma non sono io.
Che il mio pianto quando è esistito non è mai riuscito a non pensare di essere inutile.
Come la parola che indica un genitore i cui figli sono morti.
Non esiste.
Nemmeno il vocabolario riesce a contenere questo dolore.
A non sentirlo come il più innaturale.
Il più impossibile.
Il più inutile da piangere negli altri.
Ma soprattutto l'unico che non deve essere detto.
Perché le lacune nel vocabolario servono a questo.
A suggerire le cose che non si devono dire.
Mai.

I pensieri scomposti di una Bimba Piccola (Inadeguato)

13 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/09/2010

15092010479Primo giorno di scuola materna.
Lei.
Come sempre, perfetta.
Con i suoi occhiali ortopedici.
Con la sua borsa di Hello Kitty.
Con tutto ciò che serve per essere una grande fica, a tre anni e mezzo.
Il padre.
Come sempre, tutto meno che perfetto.
Senza occhiali.
Senza borsa.
Inadeguato.
Ma soprattutto con quell'aria che in mezzo a bambini che piangono perché vengono lasciati, non gli dispiacerebbe una lacrimuccia di sua figlia.
Ma nulla.
Niente lacrime.
Lei lo guarda e si tuffa in mezzo agli altri.
Lei ride.
Ride sempre.
E lui pensa In fondo è una freccia lanciata verso il cielo.

Venerdì_luglio_Splinder

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/07/2010

Screen shot 2010-07-02 at 9.24.16 AMAria di piazza vuota.
Medina abbandonata.
Piacevole.

Prima del buio

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/06/2010

cancercannotUn bell'uomo.
Un uomo che si vede essere stato un bell'uomo.
Quella bellezza che sa di piacere alle donne.
Sempre molto curato.
Sempre molto attento.
Un bel savoir faire.
Quel modo di fare che sa essere affascinante senza parere.
Quel modo di sudare che uno non sembra sudato neppure se è fradicio.
E' ingrassato di un adipe grigio di chemioterapia e suda mostrando il sudore.
Asciugandosi il viso con un fazzoletto.
Con vezzo senza fascino.
E' seduto in una riunione delicata.
In una riunione dove un tempo sarebbe stato il convitato più importante ed adesso è l'ospite di quello che era.
La riunione va avanti ed i suoi interventi sono stanchi.
Fuori luogo.
Accolti con l'imbarazzo di chi non si sofferma a rispondere per non essere costretto a commentarli.
Ha una poesia spiegazzata in mano.
Quello che il cancro non può fare, si intitola.
Una cosa del genere:
Il cancro non è onnipotente
Non può distruggere l'amore
Non può impedire di sperare
Non può togliere la fede
Non può divorare la pace
Non può eliminare la fiducia negli altri
Non può distruggere l'amicizia
La memoria ed i ricordi
Non può azzerare il coraggio
O invaderti l'anima
Non ha nessun potere sulla vita eterna
O sull'anima
O sul potere della resurrezione

La legge con indifferenza.
Come una cosa d'altri.
Alla fine della riunione, asciugandosi la fronte, la appallottola e la getta via.
Ti guarda perché sa che lo conosci e che hai fatto finta di non sapere cosa stava leggendo.
Ti guarda negli occhi, glauchi i suoi, glauchi di lacrime e di pioggia, forse solo di sudore.
Ti fissa e dice:
–> Non è vero nulla … Il cancro può fare tutte queste cose … Ed è terribile scrivere che non può farlo
Poi sorride e aggiunge, con il fascino di un tempo:
–> Soprattutto se chi scrive pensa di essere di un poeta dai versi che toccano il cuore

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