La morte di Caravaggio
Caravaggio è morto nella febbre di una spiaggia, vicino a Porto Ercole.
E’ morto guardando il Sole, cercando di annullare il suo sguardo nella luce, di trasformarlo in calore, nel freddo sudato della febbre.
Solo di tutte le notti che aveva dipinto, cercando una luce che non mostrasse le unghie sporche di Bacco, un ragazzo di taverna che gli aveva trafitto il cuore mentre lui gli trafiggeva il culo.
La bellezza di Caravaggio aveva le unghie sporche anche quel giorno come ogni altro giorno che aveva vissuto e la febbre non era una malattia, era il suo modo di vedere, si faceva trafiggere dalla luce fino a trovare l’ombra della bellezza.
Bacco era su quella spiaggia a Porto Ercole e osservava la febbre di Caravaggio.
Da lontano, indeciso se salvare quello sguardo, accarezzarlo ancora una volta, accettarlo dentro di sé o se scappare lontano perché ci sono sguardi che attaccano la febbre, ci sono dei mal di vivere talmente belli che non si riesce a non star loro vicino fino a che non si comprende che il prezzo di quella vicinanza è lo stesso mal di vivere.
Caravaggio lo osservava, con i soliti occhi che trovano la notte della bellezza, sperava in un abbraccio che lo salvasse dal freddo della rena gelida di rugiada, che lo portasse vicino al Sole. Ma era troppo bella quella solitudine. Era troppo bello il quadro che la sua morte stava dipingendo.
I ritorni straziano il cuore e l’unica cosa che Caravaggio, Rimbaud e Casanova possono fare quando tornano è morire prima che le loro vite smettano di bruciare, consumarsi prima di essere fiamme che si spengono di consunzione invece di lasciarsi soffocare dal vento.