Il trans di piazza Savonarola
Se piazza Savonarola, è una piazza a strati, nel senso che vi si trova di tutto, ma veramente di tutto, nel suo strato più profondo c’è Mery, il trans.
Lo si può trovare a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Non esercita la sua professionalità in piazza.
Si limita a portarci i cani.
Due orrendi Chihuhua, lunghi non più di trenta centimetri.
Legati alla loro padrona con un guinzaglio a molla da dieci metri.
Mery fuma le multifilter.
Lunghissime, una dietro l’altra, tutte consumate fino a bruciare le dita.
Viene da Trani.
Ed è un personaggio dalle frasi storiche.
Sul genere: "non è importante come si nasce. Guarda me: sono un carciofo che è diventato un fiore".
Oppure: " i cani sono cani. Non si possono confondere i cani con i bambini".
O, ancora, "non sopporto gli anziani con i badanti. La solitudine è uno stato dell’anima che si deve affrontare con dignità".
La si vede sempre a parlare con le mamme dei bambini.
Fa gente e le piace farsi ascoltare.
Consiglia generosamente in caso di crisi coniugali, raccontando del suo uomo, che russa, le ruba le coperte.
La costringe a dormire seduta su un angolo del talamo.
Ma è un vero uomo.
Un torello, secondo quanto dicono i vicini che godono la colonna sonora dei loro amplessi a finestre aperte durante il periodo estivo.
Mery porta lunghi capelli ossigenati, un’ombra di baffi, i seni a balcone – a terrazza, si potrebbe dire -, i jeans attillati sul bacino per far vedere il successo della operazione di riattribuzione chirurgica del sesso.
Ed è triste.
Tristissima, nella sua continua ricerca di una credibilità borghese.