Ai margini di un coccodrillo calabrese
Aula di tribunale.
Giustizia amministrativa.
Che non è sudata come quella penale o consumata come la civile.
Ha ancora qualche rigurgito di colonia e gli abiti sono di buon taglio.
Gli scranni sono lontani.
In alto.
Come deve essere la giustizia.
Ricordo di Robespierre e Michelangelo.
Il Presidente è algido malgrado la faccia da pizzicagnolo.
Bella la cancelliera.
Una faccia di birichina.
Una faccia che ha saputo invecchiare mantenendo lo stupore della infanzia.
Lo sguardo sa scintillare di insonnia e gioco.
Il Presidente inizia a parlare.
Liturgia di toghe che si fermano stupite.
Fa il coccodrillo alla cancelliera che va in pensione.
Non senza una gravità che vorrebbe essere ironica ma è calabrese.
Bello vedere l’aula che si ferma.
Compunta e allegramente commossa.
Lei che fa finta di scrivere e di scorrere il ruolo.
Come ha sempre fatto per tanti anni.
Per più anni di quanti ne possano ricordare quasi tutti i presenti.
Che ha cresciuto, dando il segno di quando era il caso di non continuare una discussione.
O incoraggiando una replica che rischiava di fermarsi nella timida reverenza per un anziano collega aggressivo.
Continua a scrivere.
Finché il coccodrillo finisce.
Prende la parola.
Come chi deve parlare e parla: Non pensavo di meritare tutto questo, dice.
Senza piangere.
Ma in fior di pelle.
In mezzo alla danza delle toghe, che riprende il suo chiacchericcio di cicale in camicia inglese e cravatta napoletana, appare il cellulare del centralinista cieco.
Il cellulare con cui il centralinista cieco ha registrato tutto.
Cineoperatore meraviglioso come le zingare fotografe di Hrabal.
Urla.
Con un vocione di cieco.
Un vocione che non sa le dimensioni della stanza in cui parla.
Che non conosce le distanze dalle persone a cui parla.
Dalla persona per cui parla: Grazie. Mi hai aiutato sempre. Io non vedevo e tu vedevi per me. Sei stata il mio faro.
Le toghe fermano le ali, per un istante allentano i sorrisi, che riprendono subito in quello spettegolare lieve dietro al quale nascondono un ricordo dell’anima.
P.s.
L’immagine è di Koudelka e riprende il sorriso bambino della cancelliera.