Irrituale
Napolitano ha promulgato la legge sulla sicurezza.
Lo ha fatto sforzando le prassi presidenziali in punto di applicazione dell’art. 74, Cost.
Per questa disposizione, il Presidente della Repubblica può rinviare alle Camere la deliberazione legislativa sottoposta alla sua firma, chiedendo una nuova deliberazione con un messaggio motivato.
In questo caso, invece, il Capo dello Stato ha promulgato la legge, manifestando le proprie attente perplessità in una lettera al Capo del Governo ed al Ministro della Giustizia, inviata per conoscenza anche ai presidenti dei due rami del Parlamento. Il Primo ministro ha subito risposto con soddisfazione.
Questa lettera mostra due criticità, cui se ne aggiunge una terza.
Prima di tutto, il Capo dello Stato può promulgare una legge della cui costituzionalità dubita?
Forse no.
Forse, in questo modo, il Presidente della Repubblica commette un qualcosa di non lontano dall’alto tradimento.
In secondo luogo, Napolitano ha scritto al Capo del Governo, indirizzando all’esecutivo delle doglianze che riguadano il merito di un testo legislativo, il che significa che, per il Presidente della Repubblica, il motore della attività legislativa del Parlamento non sono le Camere ma è l’esecutivo.
Così, il Capo dello Stato ammette che l’attuale forma di governo ha superato il portato precettivo dell’art. 70, Cost., per il quale la funzione legislativa appartiene alle Camere.
E’ un secondo attentato alla Costituzione.
Soprattutto, però, la lettera del Capo dello Stato al Capo del Governo e la prontamente soddisfatta risposta del Primo ministro evidenziano un mutamento ancora più profonda della forma di governo: la funzione di indirizzo politico viene ad essere oggetto di condivisione fra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio dei Ministri, con una prassi eversiva dell’art. 87, Cost., che prevede un dialogo fra Capo dello Stato e Camere, ma non anche con il Governo.
Ci si avvicina, molto, alla Quinta Repubblica francese, dove primo ministro e presidente della repubblica sono costretti a coabitare e il presidente della repubblica non si può rivolgere al parlamento.
Con una torsione delle forme costituzionali molto evidente.
Anche se la realtà è che se le Camere non sono in grado di esercitare la funzione legislativa al di fuori della direzione impressa alla loro attività dal Consiglio dei Ministri, se il Parlamento è un simulacro poiché non esistono le condizioni politiche per poter esprimere la sfiducia al Governo, se la Corte costituzionale va a cena con i destinatari della lettera del Capo dello Stato, allora il Quirinale diventa l’unico organo costituzionale in grado di influenzare le scelte di Palazzo Chigi e, rapidamente, conquista i vuoti di potere lasciati aperti dal venire meno di ogni altro check and balance costituzionale.