Funerali
Arriva un momento nella vita in cui i funerali pareggiano i battesimi.
Soprattutto, senza voler dire quale dei due sia più allegro e nella consapevolezza di avere sempre riso molto ai funerali e di non essere mai stato troppo contento ad un battesimo, in cui i funerali non riguardano più i nonni dei nostri amici.
Iniziano a riguardare i nostri amici.
Persone con cui si è guardato un tramonto autostradale, si è condiviso un salottino di Eurostar, si è stati a cena, naturalmente non cene eleganti, e così via.
E ci si sente male a scoprire che quel tipo con i denti grandi di igienista, il sorriso dalla mascella aperta molto da giocatore di football, le mille marlboro lights, i capelli un po’ lunghi, quel tipo con cui si sono passate infinite serate per capire come un problema potesse diventare una opportunità, non esiste più.
E’ passato alla casa del padre, con un discorso del sindaco e tanti fiori.
Ci si ricorda che puzzava di whisky al mattino, che non era mai stato bravo a fare i conti, o non li aveva mai voluti fare, e che un mese fa, quando sapeva di non avere più da vivere, aveva detto che si era messo a studiare il giapponese perché voleva, finalmente, leggere quelle poesie che aveva collezionato per tutta la vita pensando fossero poster.
Soprattutto ci si accorge che era un amico, se così si può dire, non un anziano e nemmeno un giovane morto per un incidente.
Si diventa vecchi quando gli amici muoiono di malanni per vecchi, lasciando per ricordo un pacchetto di marlboro lights ed una moglie troppo giovane per non poter essere sposata sulla bara.