Venere giardiniera
Venere è stanca
Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo
Sa che il segreto dell’eternità è l’eterno ripetersi
Non è immortale chi non muore
Sarebbe troppo semplice
E’ immortale chi si ripete e, ripetendosi, smette di vivere
Smette di provare l’attimo di stupendo stupore di una goccia di luce bagnata da un raggio di rugiada
Stupore che giustifica e paga la morte
Questo non è se tutto si ripete, esattamente eguale, ogni giorno
Lo ha imparato da Sisifo
Immortale perché condannato a trasportare una pietra che sempre cade e sempre deve essere trasportata da dove di nuovo cade
La condanna di Sisifo è il rimprovero dell’astuzia che ruba ciò che dovrebbe essere pagato
Non sapeva Sisifo il prezzo del fuoco?
Non sapeva Sisifo di essere debitore per quel fuoco e di essere creditore per quel dono?
Non sapeva che solo chi non accetta i propri debiti non sa esigere i propri crediti?
Questo pensa Venere mentre si rifugia in giardino
Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo
Ignorante di chi le è creditore e di chi può chiederle lo spreco di un sorriso
Guarda Venere il suo giardino
Lo osserva e pensa a quelle piante
Così legate fra di loro e fra di loro legate a lei
E pensa non io devo sapere chi mi deve e a chi io devo
Non se sono una pianta
A tutto collegata e a tutto connessa
Debiti e crediti che si compensano fra di loro perché la vita è neurale
Lo pensa e vede che anche questo è immortale
Noioso e immortale come la pietra di Sisifo.