Canzone di notte n. 5
Guccini non ha ancora cantato Canzone di notte n. 5, si è fermato a 4, almeno credo.
Oggi, almeno credo, compie 80 anni e fa effetto per chi conosce le sue canzoni da 40, le ha ascoltate bevendo mezza lattina di birra con il suo migliore amico e giocando a scala 40. Erano adatte a quello che eravamo allora.
Sapevano di poesia e di rutti, rammentavano donne che scomparivano e amori che svanivano fra il fumo delle Pall Mall e il freddo del mattino quando il mattino era andare a scuola.
Fanno effetto questi ottant’anni perché Guccini ha cantato la visione del mondo di chi non sa che cosa lo aspetta, di chi pensa che ci sia qualcosa da credere, non ha ancora capito che si pensa di poter credere nel futuro solo perché non lo si conosce.
Oggi ho caricato Guccini sul mio stereo. Non so da quando non tiravo fuori dalla polvere quei dischi graffiati di vinile, comprati con i soldi della nonna, rubati al denaro che mi serviva per le sigarette.
Ho ritrovato quella voce potente e bassa, sgraziata, adatta al vaffanculo piuttosto che a Prevert.
Dio non è risorto, mi sono detto spengendo lo stereo e rimettendo a posto Due anni dopo.
Convinto che lo abbia pensato anche lui, nel suo compleanno, perché per uno che ha scritto Noi non ci saremo la cosa più triste è esserci ancora.