Un foulard che sapeva di cioccolata
Oggi non compi ottantasette anni.
Non ci sei arrivata e non ho avuto bisogno ieri sera di comprarti un regalo all’ultimo momento perché ti piacevano i regali e ti dispiaceva non riceverli.
Una delle tante cose in cui siamo uguali.
Ti avrei comprato un foulard.
Non perché ti piaceva, ma perché piaceva a me, quando ti toglievo il cappotto o la pelliccia sentire per un istante il tuo profumo su quel pezzo di seta.
Sono andati persi, come i tuoi gioielli. Rubati da badanti e da cattivi affetti.
Ti avrebbe fatto male e non avresti sorriso.
Bambina sfollata nelle campagne dove la nonna doveva andare a servizio da una contadina che la pagava con qualche fetta di pane perché il nonno era scomparso nei labirinti della seconda guerra mondiale.
Hai conosciuto il sapore della fame, hai sognato con quel dolore a riempire lo stomaco.
Lo hai portato dentro di te per sempre, anche quando la fame non c’era più da tanto tempo.
Perché la cioccolata degli sfollati ha un sapore tutto suo.
Un sapore che tatua l’anima.
E quei tatuaggi hanno accompagnato tutti i tuoi sorrisi.
I sorrisi di una bambina che non riusciva a guardare i fochi di San Giovanni senza ricordare i bengala dei bombardamenti che hanno distrutto la casa in cui eri nata.
Mi manchi e soprattutto mi addolora non essere mai stato capace di cancellare quei tatuaggi dalla tua anima.
Anche i figli, in fondo, sono doni e come tutti i regali possono essere una gioia o una delusione.
Ed io so di essere stato una delusione per te perché non ho mai sopportato di dover essere un regalo che cancellava dolori che non mi appartenevano, sanava ferite che non comprendevo.
So di essere stato questo: un regalo sbagliato e, purtroppo, l’ho sempre saputo.