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La morte della quercia

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/10/2022

Guardo il suo povero corpo ricomposto nel letto.

E’ ancora caldo.

Inizio dai piedi: ha un paio di scarpe nuove. Non le indossava più. Gli hanno trovato le sue scarpe da ginnastica preferite. Metteva solo quelle e mi faceva sorridere. Erano le scarpe di Olivia Newton John quando insegnava aerobica.

Ha i jeans. Normali jeans. Credo di avergli sempre visto i jeans. E una giacca grigia, tutti i bottoni ben chiusi. Una camicia bianca, senza cravatta.

Il viso, finalmente, è disteso. Gli ultimi giorni sono stati terribili. Il tumore lo aveva gonfiato e lui non riuscita più a parlare. Non ha più nemmeno quel terribile rigonfiamento che straziava la sua fronte da oltre un anno.

Poche persone attorno a lui. I familiari più stretti. La moglie che lo ha accudito come si governa un animale morente. Con la stessa disperata pazienza. La madre che sembra scolpita nel legno di iroko e che piange lacrime di betulla. Ha un nome di bambina e sono di bambina quelle lacrime:

Che ne sarà di noi senza di lui, era lui quello forte?

E’ vero, lui era una quercia e le querce non muoiono. Le querce vengono tagliate.

Ma questo è la morte per ciascuno di noi: il momento in cui si viene tagliati e si perdono le radici.

Morire non è cadere, è un colpo d’ascia, di falce, una sega che lentamente incide e recide.

Lo guardo e so che lui ha lasciato il vuoto della quercia.

Della quercia che sta in mezzo a una radura.

Perché ognuno di noi è fissato a terra con pazienza di pianta ma pochi hanno la tenacia della quercia e quei pochi lasciano il mondo più solo.

Tags: fine, tristezza
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