10/08/2016
C’è solo una cosa che nell’intervista la naturale prudenza del professore che è anche avvocato mi ha impedito di dire.
Forse la cosa più importante.
Perché il giudice amministrativo ha deciso di un ricorso che riguardava un atto, il Piano di indirizzo territoriale, destinato ad essere superato dall’atto amministrativo successivo, il Master Plan, che sarà adottato con una intesa secondo lo schema dell’art. 81, d.P.R. 616/1977?
Perché si è approfonditamente occupato della Valutazione ambientale strategica quando questa è destinata ad essere superata e amministrativamente dimenticata per effetto della Valutazione di impatto ambientale?
Perché non si è limitato a dire che non vi era interesse, come sarebbe stato naturale e forse più ragionevole?
Perché è un giudice e i giudici hanno bisogno di trovare legittimazione attraverso il suono pubblico delle loro pronunce, che fanno rumore quando possono apparire sulla stampa come eversive delle decisioni di poteri forti, i poteri economici nel loro collegamento ai decisori politici.
Solo che un esercizio di questo genere è in contrasto con una delle anime vere e più profonde della giustizia nell’amministrazione, l’essere un giudice speciale perché vicino, nel senso di contiguo, al potere che giudica, come insegnava Orsi Battaglini.
Il giudice amministrativo ha coraggio solo quando il suo ardimento non ha alcun effetto pratico, ma fa un gran clamore sui giornali.
Questo non ho detto perché sarebbe stato come dire che la giustizia amministrativa non esiste e a questo pensiero non mi vorrei arrendere.
Almeno sino a che sono avvocato e professore universitario.