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Fra Tortolì e Torre del Lago

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/05/2014

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Il partito democratico di Renzi ha vinto le elezioni.

Contro i pronostici che vedevano un movimento 5 stelle particolarmente a punta.

Soprattutto, Forza Italia e il centro destra sembrano avere perso: alle comunali, solo Ascoli Piceno, Chianciano e Tortolì hanno visto un candidato del miliardario affidato vincere al primo turno. Ma sono città che assomigliano a Torre del Lago, che alla stazione di Pisa viene annunciata solo per dire che il treno per Spezia non ci si ferma.

E’ una grande festa, una lucida festa in cui Nardella mette insieme il terzo figlio e il primo giorno da Sindaco con un consenso di quasi il sessanta per cento di fiorentini, ammaliati dal carisma del primo ministro come ai tempi del Savonarola.

Ma sono elezioni che devono essere viste anche da un punto di vista diverso.

Se il movimento 5 stelle ha perso, la responsabilità è di Grillo e Currò (chi è?) non esita a chiamarlo in causa in una discussione che assomiglia a una lite in famiglia di fronte al panettone di Natale.

Se Forza Italia ha perso (ma anche Alfano, checché ne dica, non ha certo vinto), la responsabilità è di Berlusconi e Fitto, forte delle sue preferenze (284kVoti), glielo fa notare traguardando un’OPA ostile sul partito del miliardario affidato.

Soprattutto, se il PD ha vinto, non ha vinto il PD ha vinto Renzi, che ha saputo conquistare un consenso trasversale, molto simile a quello della Democrazia Cristiana, che D’Alema, Veltroni e Bersani non avrebbero mai potuto immaginare.

Il 40% dei consensi non riguarda un programma e un partito politico che incarna una serie di ideali (quali?). Sono voti dati a Renzi, che non a caso viene chiamato, per la prima volta, “Matteo”, anche da Napolitano.

Ha vinto Matteo, hanno perso Giuseppe Piero e Silvio e anche Alfano, di cui non è facile ricordarsi il nome di battesimo, Mario (Monti, c’era anche lui).

Ha vinto una persona e hanno perso delle persone.

Perché il dato più interessante, la cosa da tenere più presente anche nel prisma delle riforme costituzionali di cui oggi riprende l’esame alla Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica (ancora per poco), è che i partiti politici sono scomparsi, sostituiti da persone che incarnano una One minute democracy, una democrazia in cui l’elettore sceglie in un minuto e in un minuto cambia idea, in cui, in fondo, all’elettore non interessa un fico secco della politica.

E, in questo contesto, si può festeggiare.

Ma come nella Villa del Decamerone, il Boccaccio novellava durante la peste.

Tira una brutta aria (Grillo in piazza Ss. Annunziata)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
22/05/2014

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Il Fatto Quotidiano, dopo il comizio di Grillo in piazza Ss. Annunziata, a Firenze, la città di Renzi e in cui Nardella mira a una vittoria al primo turno caratterizzata dalla continuità di indirizzo politico – amministrativo con l’attuale Presidente del Consiglio, alle otto era già esaurito in edicola.

Difficile non trarne le conseguenze. C’è una larga fetta di città che non si riconosce nel Più di prima di Nardella e che vuole tirare un calcio alla continuità con Renzi, che non pensa più che Renzi sia un innovatore della politica, ma lo identifica nella cerchia dei poteri più o meno forti che governano la città dai tempi di Bogianckino e ancora da prima.

Renzi non ne tira le conseguenze nel momento in cui sottolinea che le elezioni europee e le elezioni amministrative non sono elezioni politiche, perché non è vero che quando la gente va a votare pensa al seggio che sta eleggendo ed esprime una preferenza diversa a seconda della qualità di rappresentanza che sta contribuendo a eleggere nella piramide della democrazia. E’ vero esattamente il contrario: nel momento in cui si vota si esprime la propria idea di governo (nel senso più atecnico possibile) che quel preciso momento storico e temporale ci ispira, una idea che è valida solo per quell’istante ma che in quell’istante è tremendamente valida e assoluta nella sua purezza.

Nello stesso tempo, quando il Presidente della Repubblica per effetto del terremoto elettorale che ha travolto la legittimazione del Parlamento non è libero di sciogliere le Camere, questa idea è ancora più valida, perché le preferenze che saranno espresse nella tornata europea e amministrativa non sono incostituzionali, al contrario della rappresentanza che le ultime elezioni politiche hanno sortito.

Il vero punto è che lo slogan di questi giorni, quello che parla agli stomachi dei sanculotti, non è Più di prima, ma è Mai più come prima, e questo slogan non riesce a essere intercettato dalle sinistre e dalle destre “storiche”. E’ uno slogan fatto per il populismo più o meno elegantemente interpretato dai capelli di Grillo o dalle cravatte regimental di Farage.

E l’idea che questo populismo, se vincesse, lascerà dietro di sé solo macerie non è molto convincente per chi nelle macerie è abituato a vivere da tempo e pensa che sia giusto che anche gli altri, i politici che vanno in prigione su una BMW X6 o gli industriali che parlano ai giovani dell’importanza di avere fame e curiosità appoggiati su scarpe fatte su misura, debbano cominciare a fare i conti con la rovina delle case in cui vivono.

Si tratta di impostare una nuova sfida convincendo le pance che stanno sugli spalti della convenzione che il terrore non è auspicabile, che le libertà sono inviolabili, prima di tutto le loro, che esiste una democrazia capace di essere forte della propria mitezza.

Ma, in questi tempi, ci vuole davvero coraggio per essere moderati, e dispiace che questa frase di Fouque sia oggi ricordata da Maurizio Lupi.

Quello che non si può dire a proposito dei propri vicini potrebbe essere vero

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/05/2014

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Nigel Farage, presidente di un partito piuttosto conservatore e populista nello stesso tempo (l’Ukip), che sta cavalcando la crisi economica e sociale di questi tempi, ha fatto una piccola gaffe durante una intervista televisiva.

Gli è stato chiesto se ci sia da preoccuparsi se una famiglia di romeni, viene ad abitare sul nostro stesso pianerottolo e ha risposto di si.

Si è scusato a lungo, ha detto che era stanco e ha organizzato una sorta di carnevale dedicato alle minoranze.

Doveva davvero fare ammenda?

Forse no e non perché i rumeni fanno paura o sono diversi dai cittadini del Regno Unito.

Ma perché ha espresso, con lucidità inconsapevole, il teorema del naufrago e della zattera.

La questione, che non riguarda le persone che abitano i piani alti della nostra società, ha origini nella crisi economica che colpisce i cittadini meno fortunati. Questi si aggrappano ai loro piccoli privilegi (una pensione sociale, una abitazione di edilizia residenziale pubblica, una articolazione per fasce delle tasse universitarie e delle mense o del ticket per i farmaci) sapendo che sono la zattera che consente loro di sopravvivere ancora per qualche giorno.

Non di vivere, ma di aspettare i soccorsi sapendo che comunque si dovrà morire.

Queste persone sono ragionevolmente spaventate dall’arrivo di altre persone provenienti da altri naufragi.

Sanno che la loro zattera non resisterà a lungo e sanno anche che potrebbero essere scacciate dalla zattera perché i nuovi arrivati possono essere più forti e più aggressivi.

Farage non si è saputo esprimere e la sua storia non ha reso più articolato e interessante il suo discorso. Però esiste un problema, un problema che tocca i cittadini meno fortunati, e affermare una retorica fondata sull’accoglienza senza tenere conto del teorema della zattera nel naufragio rischia di tracimare in un razzismo alla rovescia, che colpisce i cittadini anziché gli stranieri.

Se un gruppo di somali occupa lo stabile accanto a quello in cui vivi, è ragionevole preoccuparsi e soprattutto è ragionevole chiedersi perché nell’intera città l’onere dell’accoglienza cada sul tuo quartiere.

Fashion victim (Io sono di un’altra specie)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/05/2014

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Bimba Piccola osserva perplessa dei bambini vestiti da bambini.

Io sono di un’altra specie, si lascia scappare pensierosa.

In che senso sei di un’altra specie, loro mica sono lucertole, risponde il padre soprappensiero.

Lei lo guarda, al solito: come si guarda un cretino: Io mi vesto come mi vesto solo io e mi scelgo gli abiti. Dunque sono di un’altra specie, replica.

Ha ragione.

Per una fashion victim, le specie sono la conseguenza di un abito e gli abiti sono tutto.

E si può essere fashion victim già a sette anni…

Firenze più di prima (Quello che non si può inventare né diventare)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
15/05/2014

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Lo slogan dell’attuale campagna elettorale del candidato a succedere nella poltrona di Lorenzo Il Magnifico (che veniva dal Mugello) e di Matteo Renzi (che è del Valdarno) è Firenze più di prima e questa volta il candidato viene dalla Campania, ma, d’altra parte, La Pira era siciliano.

Suona ironico ai fiorentini, cui peraltro suona ironico anche il diventar ciechi di sifilide.

Da quando è apparso ci si chiede (mi chiedo, meglio) che cosa significhi, che cosa significa Firenze, che cosa vuole dire più e a cosa è riferito il prima e non si trovano (trovo) molte risposte in una campagna elettorale fatta di immagini, parole usate come immagini e il tutto senza un messaggio forte capace di illudere trascinando.

Se è difficile restare di sinistra, diventa difficile anche restare fiorentini.

Ma è il giornalaio di piazza della Repubblica – il mio personale spacciatore di fumetti – che lo interpreta in maniera geniale. Una straniera gli chiede un certo numero di giornali, lui glieli porge. Lei chiede una shopper. Lui dice che li ha finiti e le indica il giornalaio di fronte, lo chieda a lui, Signora. Lei chiede come si dice shopper in italiano. Lui risponde “tarzanello, si dice tarzanello, dear lady”. Mi guarda e dice “più di prima, amico: più di prima”, mentre la signora si allontana ringraziando e lui le dice “come se fosse antani”, con sorriso di un fedele servitore.

L’unica cosa che resta da fare più di prima è, in effetti, prendere e prendersi in giro (i tarzanelli sono il materiale fecale che resta appeso alle liane anali quando non si ha a disposizione un bidet). Ma questa capacità non si inventa. Ci si nasce e se non ci si è nati è un problema più grosso del regolamento urbanistico. D’altra parte, Giuseppe Conti si lamentava – nel 1899 – che oramai erano scomparse le faceti figure di spiriti bizzarri, piene di facondia e di spirito del passato e se erano scomparse nel 1899, di cosa ci si lamenta oggi?

Go to go: un nuovo modello di campagna elettorale per Nardella e Stella

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
14/05/2014

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Nardella e Stella sono i candidati a Sindaco di Firenze che si stanno sfidando con maggiori probabilità di successo.

Ce ne sono altri otto: Scatizzi, Totaro, Scaletti, Tronca, Bennati, Manneschi, Amato, e Grassi, ma non sembrano aver molto successo nel conquistare i media cittadini.

Nardella e Stella si sfidano da due siti non troppo diversi, a partire dalla scelta del nome a dominio (nome e cognome punto it).

Stella ringrazia i suoi genitori per essere diventato ciò che è: un esperto di marketing laureato in scienze politiche (si potrebbe dire che non c’è poi molto da ringraziare, ma non sarebbe elegante).

Nardella inaugura mense scolastiche da vice sindaco, va a trovare i Pino Dragons (la squadra di pallacanestro del Ponte al Pino), organizza un picnic a base di limoni e fragole (nella stessa identica quantità), si lancia in una maratona dell’ascolto in cui incontra gli emarginati, gli imprenditori e tutto ciò che può essere ascoltato dal suo macbook pro.

Entrambi – si può dire? – non riescono sempre a essere emozionanti. Stella si oppone alle multe, protesta contro la chiusura di una strada al traffico, vuole riaprire il centro al traffico. Nardella promuove Firenze più di prima, ma non sembra avere molte idee per lo sviluppo di una città la cui decadenza è iniziata nel seicento e non si è mai fermata.

Le Adam li potrebbero aiutare: loro cantano mentre raggiungono l’orgasmo meccanico di un giocattolo invisibile nel video, ma trasparente dalle loro espressioni, i nostri candidati potrebbero fare un bel comizio nelle stesse condizioni e magari, finalmente, avere una faccia un po’ più interessante, un’espressione del viso meno immobile, gli occhi meno fissi nella posizione dello storione sul banco di San Lorenzo.

Chi glielo dice?

Ma soprattutto cosa sceglieranno fra un giocattolo posteriore e una coperta sulle ginocchia?

La moglie di Scajola non è la moglie di Cesare: quando una mano lava l’altra, gli onesti sono monchi

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/05/2014

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Scajola è stato arrestato per un vicenda piuttosto torbida e inquietante.

Si è parlato del miracolo di San Vittore: in uno stesso giorno, arresti per Scajola e per la Expo.

Ma nell’arresto di Scajola c’è forse di più di qualche facile battuta.

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La funzione del sindacato: fra Camusso e test invalsi

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07/05/2014

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C’è un sapore molto vecchio nella voce rauca della segretaria della CGIL al congresso di Rimini, un sapore di Muratti e nazionali esportazione, piuttosto lontano dal profumo delle sigarette elettroniche che si vedono a giro.

La segretaria del maggiore sindacato italiano ha parlato per quasi due ore, leggendo un intervento che odorava di anni settanta, sia per il tempo dedicato alla sua lettura sia per lo stile dell’argomentazione.

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Le signore hanno le loro risorse

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/05/2014

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Pedala.

Veloce, come sempre, di un’orda di demoni a sfiorare le spalle.

Si stanca e ferma il suo riso in una domanda: Possiamo fare colazione?

No, sorride il padre, avvolto nel mestiere delle rinunce.

Si toglie una caramella di tasca, da una di quelle tasche di bimbi in cui le biglie sono avvolte in biglietti della metropolitana di Londra e si può trovare una scarpa di Barbie insieme a un pennino e un mozzicone di candela.

Le signore hanno sempre le loro risorse, dice sorridendo e riprende a pedalare.

Svelta come un battito d’ali e di ciglia.

Genni la carogna si chiama Gennaro (E Renzi non si chiama Pelloux)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/05/2014

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Genni la carogna si chiama Gennaro e Gennaro fa molta meno figura e meno rumore di Genni la carogna sicché può essere giusto chiamarlo Gennaro, sia per rispetto ai suoi genitori che hanno scelto questo nome, sia perché le leggende fanno parte del ciclo dei Nibelunghi o del Far West, non del tifo, che pure sarebbe una malattia diffusa dai pidocchi e non un atteggiamento di amore e passione per una squadra di calcio, anche se a ben vedere un po’ di affinità ci sono.

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