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Elena non ha perso la guerra di Troia

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
07/03/2019

Elena non ha perso la guerra di Troia

L’hanno persa Agamennone, Achille, Filottete, Ettore, Priamo, Paride…

Tutti, tranne Elena, forse, hanno perso la guerra di Troia

Nessuno di questi eroi ha però mai vissuto

Veramente vissuto

Se non nell’infinito di quelle battaglie

Il prezzo di Elena è vivere, riposare, amare dopo avere respirato il fumo della pira di Patroclo

Questo Elena ha donato ai suoi re, principi e schiavi: l’eterna morte di chi è condannato a vivere dopo avere vissuto

Non le è importato perché, forse, anche Elena è morta quando l’ultimo principe si è allontanato dal buio illuminato dal selvaggio baccanale dei saccheggi

Ha scoperto di essere sola

Più sola del mare d’Ulisse.

Mercoledì delle ceneri

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/03/2019

Questo mercoledì delle ceneri è un piccione morto per strada

Caduto, senza un movimento, come un sasso

Le ali racchiuse e le zampe rattrappite

Bestia senza vita, cosa senza pretesa d’anima

Bello morire così

Precipitati dall’ignoranza di vivere nell’indifferenza dell’asfalto.

Dimentico: Ugnano e i chiodi per farfalle

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
02/03/2019

Dimentico il dolore delle promesse sussurrate nella polvere di notte con passi di cieco

Parole leggere nella luce di fuochi fatui spezzano orribili silenzi scampati a verità consumate dal fumo e dal Martini

Un tacere ingannevole per un cretino che non voleva arrendersi alla grottesca cronaca dell’eterno ritorno

Ora non posso. Non puoi. Hai potuto

Niente è più leggero del male degli altri se è il prezzo della selvaggia gioia con cui si è deciso di sopravvivere in una vita di cartapesta senza annegare nel buio di una piscina

Troppe volte ho voluto dimenticare che le mie parole non valevano la memoria di chi riposava ascoltandole e, ora, ora che c’è un sole nebbioso, è il tempo giusto per morire a chi ha saputo imparare tutto ciò che l’amore non vale dal presente di chiodi per farfalle in cui si è trafitta.

Oggi, non c’ero (Il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
17/09/2018

Oggi, il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente, non c’ero.

Non ci potevo essere e comunque non sarei stato una presenza gradita.

Non avrò le fotografie di Bimba Impertinente che attraversa il portone del liceo da collazionare con il nido, la materna, le elementari e la scuola media. Mi dispiace.

Io non volevo fare il liceo classico e nemmeno il liceo che ho fatto. Ne avevo paura. Avevo paura di non riuscirci, di non essere all’altezza.

Ho imparato ad amare questo liceo giorno per giorno, versione per versione, senza mai sentirmi davvero all’altezza delle cose che stavo studiando, dei temi che mi venivano proposti.

Poi mi sono trovato tante volte a spiegare perché quei cinque anni passati a sudare la Germania di Tacito e riflettere sul motore immobile di Aristotele erano stati per tutti noi così importanti.

Sono due gli argomenti che spesso ho utilizzato.

Il primo è che al liceo classico, non si impara a far di conto. La matematica è soffocata dal latino e dal greco e questo può disturbare molto chi crede nella importanza dei numeri e di saper far di conto più velocemente della persona con cui fa affari facendo le vesti di conversare.

La mia società conta spesso, l’essenziale è quasi sempre un numero e quel numero è il punto di arrivo di un algoritmo solo apparentemente matematico, come il prezzo di un’opzione su un mercato non regolamentato.

Al liceo classico, si impara che i numeri sono meno importanti delle parole, non sono niente senza lo sforzo di capire che è proprio di chi cerca il significato delle parole e le parole contengono le persone.

Il secondo argomento è legato alla specificità del latino e del greco. Le lingue hanno sempre una loro specificità che deriva dalla funzione che hanno assolto. L’inglese è una bellissima lingua di connessione, la cui eleganza è la semplicità. Il francese è diplomatica poesia. Il tedesco, precisione di medici, ingegneri e filologi. L’italiano è una lingua di ricordi, serve per raccontare un paesaggio mentre sta scomparendo.

Il latino ed il greco, invece, sono lingue morte, che si conoscono non per come erano parlate da un mercante della Beozia o da un mercenario di Brutium, ma per come furono parlate da poeti talmente raffinati e profondi da resistere alle notti barbare.

Di una parola greca o latina, noi non conosciamo il significato quotidiano ma solo quello che ha avuto nella lingua scritta di uomini dalla sensibilità eccezionale, capaci di raccontare il discorso di un guerriero all’oceano dell’eternità e di esprimere con una sola parola la potenza di una persona nell’attimo in cui stava diventando polvere.

Ho pensato a questo oggi che era il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente e non glielo ho detto perché sono cose che si capiscono solo se si capiscono da soli.

A lei, ho detto solo che anche sul mio banco qualcuno aveva inciso con una chiave la frase “Dio aiutami”, che ha trovato incisa sul banco della sua classe e che mi ha fatto ricordare l’angoscia delle versioni prima di trovare il bandolo della matassa.

Perché il liceo è anche saper dialogare con quell’angoscia, senza la quale, forse, non s’impara molto.

Il primo giorno di primavera è un inganno

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/01/2018

Il primo giorno di primavera è un inganno.

Non perché la primavera non arriva ai primi di gennaio.

E nemmeno perché stanotte pioverà di burrasca e domani sarà freddo.

Ma perché dopo ogni primavera l’inverno torna e credere nella primavera è come credere nei fiori.

Un inganno che appassisce.

Fermate la Befana

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/01/2018

Davvero posso ritardare l’Epifania?

La Befana che arriva di notte può essere fermata a qualche valico e trattenuta per qualche giorno?

Mi piacerebbe che queste vacanze durassero ancora per qualche minuto.

Che non fosse già arrivato il momento di spengere le luci all’albero di Natale e di chiudere il presepio nella sua scatola.

Ma è arrivato e (fortunatamente?) nemmeno le grandi corporation della rete possono ritardare il calendario liturgico.

I pensieri politicamente scorretti di una Ragazza Impertinente (L’ultimo giorno)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
15/09/2017

L’estate di Ragazza Impertinente è stata funestata dai compiti.

E’ diligente ma non particolarmente studiosa.

Uno dei suoi crucci sono i temi.

Ama leggere ma molto meno scrivere.

E’ sintetica. Non scrive mai più di quello che vuole dire e cerca sempre di dirlo con il minor numero di parole. Non riesce a essere ruffiana con i lemmi e la sua fantasia non ama girare intorno ai concetti che esprime sempre in modo molto pratico.

Mi piace il suo modo di scrivere.

Meno alla sua professoressa.

Uno dei temi era intitolato “L’ultimo giorno”.

Ha affrontato diversi ultimi giorni: l’ultimo giorno di scuola, l’ultimo giorno delle vacanze, l’ultimo giorno del campo scout ecc.

Di ognuno di questi ha dato una descrizione pratica: l’ultimo giorno di scuola si devono schivare i gavettoni dei maschi. L’ultimo giorno delle vacanze si deve pensare a cosa indossare il primo giorno di scuola. L’ultimo giorno di campo scout bisogna trovare tutto quello che si è perso in quindici giorni di tenda.

Ha scritto anche – non è particolarmente ottimista – dell’ultimo giorno di vita, immaginando che cosa avrebbe fatto se avesse saputo che quello era il suo ultimo giorno di vita.

Vorrei andare a Disneyland e avere il pass che ti fa evitare le code, poi vorrei andare sul surf e cavalcare delle onde altissime, poi vorrei andare a fare shopping e comprare tutte le cose che desidero e vorrei, vorrei, vorrei…

Ho chiesto se non erano troppe cose per un giorno solo e soprattutto per un giorno come quello.

No, perché se fosse il mio ultimo giorno di vita, io proprio non vorrei saperlo e non pensarci mi sembra il minimo, anche se un demone dispettoso me lo dovesse dire…

 

Com’è di due che si sono rivisti quasi si fossero appena lasciati

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
03/12/2016

ma si salutano per non vedersi più

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Il Boggi lo conosco fai tempi del liceo.

E’ sempre stato un imbecille, un simpatico imbecille, di quelli con cui è piacevole passare il tempo, discutere del centro delle donne e da lì passare alla Divina Commedia.

Perché, in fondo, le due cose sono collegate dallo stesso cervello in cui abitano come se fosse un condominio pieno di gente bislacca.

Lo incontro dopo un intervallo compreso fra i venti e i sessanta anni. Dopo che ci si era lasciati in un liceo di tanti anni fa, persi nell’alternativa amletica della ricreazione: il Mars o il panino con la mortadella?

Mi racconta di sua madre. Della morte di sua madre, di quegli anni in cui l’Alzheimer le è entrato in bocca e le ha rubato le parole, lavandole come se fossero scritte sulla sabbia dei mare, onde che le entravano in bocca all’inizio di una frase e uscivano prima che la finisse.

Mi racconta di due anni passati a guardarla legata in un letto, del desiderio di soffocarla per non vederla più in quelle condizioni e del sollievo quando finalmente è soffocata da sola.

Mi colpisce allo stomaco con la semplicità del dolore vero e maschero la commozione con un velo d’indifferente fastidio, come se stessi leggendo e non avessi voglia di essere interrotto dalla [inutile] cordialità del vicino.

Se ne accorge e d’un balzo:

Ma ti rammenti quando s’era ragazzi e le seghe erano uno sfogo? Ora mi ci vuole un’ora e son diventate un passatempo.

Va via, ridendo sgangherato, senza salutare. Com’è di due che si son rivisti quasi si fossero appena lasciati ma si salutano per non vedersi più.

Imparare il sapore delle lacrime

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16/05/2016

BICETRE-PHARM-1939E

Simenon è scrittore di tremenda e folle agilità narrativa, la sua capacità di scrivere e di narrare ha un che di osceno per la rapidità con cui una somma di pensieri si distende sulla pagina e diventa immagini:  dipinge acquerelli con la profondità di una gymnopedie.

Le campane di Bicêtre sono uno dei suoi romanzi che preferisco: è il Simenon dell’autobiografia, quello che ha saputo scrivere alla madre mentre morivano entrambi. Lontano da Maigret. Read more →

Vuoto il tabernacolo

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/07/2014

Tabernacolo

Penso: vuoto tabernacolo è un corpo quando gli occhi, come candele al vento, si spengono,

Mentre mi avvicino, solo per un abbraccio, a un amico, per me più di un fratello

E so che il suo dolore non lo posso capire,

Perché non potrò mai sapere che cosa significhi perdere un padre che per tutta la vita ti è stato padre.

Di questo piango nel silenzio dei miei pedali,

Ancora una volta il dolore degli altri serve solo a risvegliare il nostro.

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