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Le maschere di Venere

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
07/05/2019

Quando Venere era una dea aveva la maschera

Venere esce ogni mattina, bacia la figlia, lascia che faccia finta di non piangere e che si avvolga in una sciarpa impregnata del suo profumo

Sonnecchiano qualche istante insieme nell’ombra dei baci e nel riparo del profumo

Venere si lascia avvolgere dai sogni della bimba, la bimba entra nella fresca ombra della sciarpa.

Sale in macchina, apre il cruscotto, indossa la prima maschera di quella giornata

Venere impasta il suo dolore dentro la maschera, solo gli occhi escono, luminosi del riverbero del mare: fuori, dentro: aperti sulle tenebre

Ha scelto l’intimo coordinato alla maschera

Lo esporrà nella notte delle persiane chiuse, la notte delle undici del mattino, solo per sentirsi dire parole senza sacrifici che compensano doni senza oblio.

Venere ripone la maschera, ne prende un’altra. Ballerine e pantaloni, libri e computer, un giornale aperto sulle ginocchia

La maschera dell’aperitivo. Dura poco, sempre meno. E’ una maschera orribile perché ha i colori degli orizzonti che non tornano.

L’ultima maschera, però, arriva con la notte quando Venere è quello che la sua vita ha deciso che deve essere

Nulla più di una immagine da esibire, nulla più di un corpo da profanare con parole oscene dove dovrebbe essere serenità di lessico familiare

La indossa perché deve, perché è il prezzo di quello che la sua vita ha deciso che diventasse, la indossa perché con quella maschera non sente più niente.

Solo gli occhi sono sempre gli stessi

Dentro ogni maschera

Luminosi come il riverbero del mare per chi ha il coraggio di osservarli

Neri come la notte per lei che, talvolta non sempre, ha la forza di usarli anche per vedere e non solo per essere guardata.

 

Lacrime di Venere

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/05/2019

Mai lacrime dalla Venere di Milo o dalla Nike di Samotracia

I loro templi profumavano di sacrifici

Gli uomini antichi sapevano stupirsi per l’amore di un dio

Il loro stupore era sacrificio, offerta, gioia di baccanale.

Piange la Venere Italica di Canova

Ombra sopravvissuta alla caduta degli dei

Sa di essere nata morta: gli uomini hanno inventato un nuovo tipo di dio

Il dio che sacrifica se stesso liberando dal peso di adorare

Venere, allora, ha cercato solo di essere bellezza e disegno di marmo

Dimenticando chi non le offriva sacrifici, non le aveva mai offerto sacrifici, ma osserva il mondo con lo sguardo di chi ha avuto diritto alla morte di un dio

Ma la bellezza sa piangere, non dimenticare.

 

Darwin, Leandro e la maratona di Trieste

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/04/2019

Leandro

Leandro Bonacchi, cittadino italiano, nato e residente a Casole d’Elsa, millesimo di nascita: 2007.

Si afferma in praticamente tutte le gare regionali di atletica leggera da quando ha tolto i pannolini e iniziato a correre. Si dice, infatti, che il Bonacchi non abbia mai camminato.

Simpatico e riccioluto.

Molto più alto dei coetanei.

Leandro ha il sorriso di chi si accorge durante una corsa campestre che il secondo – naturalmente dietro di lui – è caduto e si ferma per aiutarlo ad alzarsi.

Ha un problema di pigmentazione cutanea, talmente comune nei paraggi in cui sono nati i suoi genitori da non essere un problema ma un carattere genetico.

I genitori degli altri bambini, che sono ariani, non sempre apprezzano e talvolta ci scherzano: 2007? Quello del 2007 ci ha i figlioli urla una madre il cui figlio lambisce con la sommità del capo il mento di Leandro, che comunque sorride, perché è arrivato primo anche questa volta.

Forse Leandro non dovrebbe partecipare alle gare del 2007.

E’ troppo bravo.

Ma, forse, Leandro è l’inizio di un mondo diverso, in cui ci saranno molti bambini come lui, nati a Casole D’Elsa, Pordenone o Taranto.

Un mondo che, per una volta, non dispiace lasciare ai propri figli.

Dispiacerebbe, invece, lasciargli un mondo in cui Leandro non potesse correre alla maratona di Trieste a causa della pigmentazione della sua pelle e degli altri suoi caratteri genetici.

Non per buonismo ma perché Darwin la pensa esattamente così e a Darwin, come alla legge di gravità, non si sfugge.

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