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La coda per il cornetto

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
16/05/2020

Uno degli effetti della fine dell’emergenza pandemica è la coda davanti ai bar.

Persone e persone, più o meno ordinate, che aspettano di entrare per ordinare un caffè o un cappuccino. Mangiare il loro cornetto o un budino o un maritozzo.

Lì per lì, sembra assurdo che questa stentata fine di emergenza ci veda tutti in fila per il cornetto, come prima siamo stati in fila davanti alla farmacia o il supermercato.

Facile chiedersi se tutte queste persone, con la loro aria da Germania dell’Est negli anni ottanta, non possano fare colazione a casa, tuffando i biscotti nel caffellatte o tostandosi una fetta di pane del giorno prima.

Ma poi la testa va avanti.

Il bar non è un posto qualsiasi per molti. E’ quello spazio in cui ciascuno trova esattamente il suo posto al bancone, più o meno vicino alla macchina del caffè e si sente chiedere se anche oggi vuole poca schiuma nel cappuccino o se il caffè deve essere basso.

Per molti, il bar è un luogo dello spirito, quello spazio in cui per poco più di due euro si viene riconosciuti.

Non sono in coda per un caffè o un cornetto.

Sono in coda per sentirsi dire che sono sempre loro, anche dopo due mesi senza barbiere, passati a guardare l’immobilità del mondo attraverso le tapparelle.

29 gennaio: San Cazzo da Quarantena

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/05/2020

Il 29 gennaio saranno nove mesi esatti dal 4 maggio e, molto probabilmente, sarà opportuno, con d.P.C.M., modificare il calendario liturgico inserendo San Cazzo da Quarantena.

Il 4 maggio, infatti, è iniziata la fase 2 della emergenza pandemica.

Questa fase, esemplificata dal Presidente del Consiglio dei Ministri in una conferenza stampa che ha fatto rimpiangere i discorsi del Duce, che, almeno, non si sforzava di parlare lingue di cui ignorava la pronuncia, si è aperta alla luce della incerta nozione di “congiunto” (art. 1, primo comma, lett. a), d.P.C.M. 26 aprile 2020).

Nelle FAQ rese accessibili dal Ministero dell’Interno si legge: L’ambito cui può riferirsi la dizione “congiunti” può indirettamente ricavarsi, sistematicamente, dalle norme sulla parentela e affinità, nonché dalla giurisprudenza in tema di responsabilità civile. – Alla luce di questi riferimenti, deve ritenersi che i “congiunti” cui fa riferimento il DPCM ricomprendano: i coniugi, i partner conviventi, i partner delle unioni civili, le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, nonché i parenti fino al sesto grado (come, per esempio, i figli dei cugini tra loro) e gli affini fino al quarto grado (come, per esempio, i cugini del coniuge).

L’idea di elaborare delle FAQ è interessante sul piano dogmatico perché pone la questione del rango gerarchico di queste disposizioni: si tratta di norme interne alla pari delle circolari oppure sono norme che chiariscono ai cittadini il significato delle circolari con cui l’amministrazione chiarisce, secondo i canoni del vincolo gerarchico, ai propri dipendenti il significato delle norme che questi devono applicare nell’esercizio delle loro funzioni?

Non si sa e forse, sempre per tornare al ventennio, non sarebbe male un intervento di Santi Romano sul punto.

Ma è la nozione di congiunto che fa pensare. E’ chiaramente una nozione estranea al codice civile che, ancorato a una concezione della famiglia tradizionale, conosceva solo i parenti e gli affini conseguenza di un paradigma eterosessuale oramai desueto e reazionario. Di conseguenza, si fa riferimento alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di responsabilità aquiliana (ovvero una FAQ che dovrebbe chiarire il significato di una disposizione oscura vuoi alle forze dell’ordine incaricate di farla applicare vuoi ai cittadini preoccupati di sanzioni non particolarmente miti chiede ai suoi lettori l’expertise di un avvocato cassazionista). Questa giurisprudenza ha, in ogni caso, un vago sapore jettatorio, perché individua i soggetti che hanno diritto al risarcimento del danno nel caso in cui il danneggiato sia morto e la voce di danno sia proprio la morte (cd. danno tanatologico) con riferimento a coloro che convivevano con il defunto e che gli volevano particolarmente bene.

E’ anche una giurisprudenza non sempre lineare: esclude il risarcimento al coniuge convivente legato da una relazione stabile con un’altra persona dalla quale ha avuto un figlio (Cassazione civile sez. III, 11/12/2018, n.31950), lo riconosce invece nel caso del convivente che soffre terribilmente per la perdita del figlio del proprio partner (Tribunale , Bergamo , sez. IV , 10/01/2018 , n. 49).

Insomma, è una giurisprudenza che induce le forse dell’ordine ad approfondire non poco le loro nozioni di diritto civile e, nello stesso tempo, a entrare in maniera rilevante nella privacy delle persone che stanno controllando, valutando se effettivamente il marito è legato da un affetto stabile verso la moglie o se il figlio del proprio compagno ci sta davvero simpatico, circostanza non troppo frequente.

In ogni caso, la nozione di congiunto è davvero una nozione “poliziesca”, per un verso, e “ruffiana”, per un altro verso.

Non è poliziesca solo perché per individuare i propri congiunti si è costretti a rivelare i propri affetti ma perché, a ben vedere, la previsione che si possa (e si debba) recarsi al lavoro ma non si possano vedere gli amici con cui si condivide la propria vita da oltre trent’anni si basa sull’idea che i cittadini adottino le precauzioni imposte dall’emergenza epidemiologica solo se sono sorvegliati dal loro datore di lavoro. Perché è questa l’unica differenza fra due amici e due impiegati: gli amici non hanno un capo ufficio che gli dice quello che devono fare.

Ma è anche “ruffiana” perché malgrado la giurisprudenza tanatologica che le FAQ evocano non possa essere interpretata fino a quel livello di estensione, fra i “congiunti” sono stati inseriti anche i fidanzati.

L’intelligenza politica del Presidente del Consiglio non ha potuto evitare di capire che i genitori costretti da sessanta giorni a tenere in casa adolescenti in piena espansione ormonale non avrebbero retto alla Fase 2 senza accorgimenti idraulici in grado di domare gli incendi autarchici delle loro camerette.

Per questa ragione, il 29 gennaio merita, per d.P.C.M., di essere intestato a San Cazzo da Quarantena. Sarà il giorno in cui la curva demografica devastata da questa terribile pandemia riuscirà a invertire la rotta e le maternità saranno invase di adolescenti che, dopo sessanta giorni, hanno potuto ritrovare la loro intimità, magari all’ombra di un cassonetto.

MILF: la scomparsa di una categoria

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/04/2020

Per un intellettuale, la scomparsa di una categoria è una tragedia.

Una categoria è un modo di vedere la realtà, una interpretazione delle cose in cui si sedimentano dei significati aggregati attraverso dei principi e dei valori fino al punto di cambiare la stessa sostanza della cosa che si interpreta.

Così è per la categoria delle MILF, elaborata inizialmente da Barthes e recuperata da Foucalt nelle sue ultime lezioni al College de France: le milf sono anziane ragazze. L’interpretazione di questa categoria è stata guidata dall’idea che un’anziana ragazza possa indossare la propria età anagrafica con una grazia tale da farla scomparire entrando in un mondo nel quale potrebbe avere trenta come settanta anni e nessuno lo può sapere fino a che non se la trova in camera da letto, con la maschera di terra e i sacchetti di nylon intorno alle cosce.

I critici della categoria sanno che ci sono pochi modi per costringere una milf a scendere dal suo piedistallo di cera e silicone: un improvviso raggio di luce che la obbliga a socchiudere gli occhi rivelando delle zampe di gallina degne della strega nocciola. Improvviso, perché di solito, la milf è addestrata a mantenere il proprio viso ostentatamente impenetrabile anche se guarda il sole su un ghiacciaio.

Molto più raramente il segno della ricrescita dei capelli. La milf va dal parrucchiere con la stessa frequenza con cui sua nonna andava alla messa dopo avere perso il marito (nella guerra del 15/18).

Fra le conseguenze più terribili della pandemia c’è la scomparsa di questa categoria attraverso la distruzione del suo habitat naturale (il parrucchiere, la palestra e l’estetista, ma anche il centro benessere e l’abbronzatore, che, nella sostanza, assomiglia molto a un bronzista che ha perso il lavoro durante la crisi del 29).

Difficile immaginare se la task force di Colao, il programma di acquisto dei buoni del tesoro varato dalla BCE, o le misure straordinarie varate dal Consiglio Europeo di ieri potranno fare qualcosa.

E, forse, ritrovare il mercato pieno di donne serenamente di mezz’età invece che di modelle ispirate all’ultima passerella di Dolce e Gabbana potrebbe essere piacevole.

Anche in questo caso: don’t waste a good crisis.

La quarantena di Bukovsky

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/04/2020

Negli ultimi quaranta giorni:

– ho mangiato regolarmente, bevendo molta acqua e curando l’equilibrio fra le diverse sostanze nutritive. Di solito, salto il pranzo e mi abbuffo a cena all’ora che capita, senza fare troppo caso a quello che c’è in tavola;

– non sono mai stato al ristorante. Normalmente, mangio più spesso in trattoria che a casa;

– non ho bevuto neppure un Martini cocktail. Non capita spesso che lo salti fra le sette e le otto del pomeriggio;

– ho dormito almeno otto ore, andando a letto prima di mezzanotte e alzandomi fra le sette e le otto. Nella vita normale, non vado a letto prima delle una e non mi alzo dopo le sei;

– ho ridotto drasticamente il caffè, che, insieme all’alcol e ai cracker, è la mia fonte principale di calorie.

Mi sento meglio?

Per nulla: l’insonnia, le trattorie e i Martini fanno parte della mia vita molto più di questa dieta quaresimale da piccolo Ignazio di Loyola e mi sento come un Bukovsky vegano, sul procinto di un matrimonio religioso con l’istruttrice di yoga.

Praticamente pronto per il funerale.

La croce di Martino

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
18/04/2020

Martino è una bicicletta da donna, una di quelle biciclette che usano gli anziani per evitare di dover alzare la gamba nel movimento con cui si inforca il sellino.

Fa parte del centro di Firenze, come l’imbecille munito di mantello che declama Dante ai turisti e il bidello dell’archivio storico comunale che si è tatuato il sole dell’avvenire sulla fronte, forse perché ha effettivamente un viso molto rivoluzione di ottobre.

Martino è stato un play boy di una gioventù allegramente dissoluta ed era già di mezz’età quando è stata scritta la sceneggiatura di Amici miei nel caffè storico che allora gestiva e che gli ha visto dilapidare le ultime macerie della ricchezza di famiglia.

Da allora, percorre il centro sulla sua bicicletta e trova sempre qualcuno con cui attaccare bottone, ha una memoria fantastica per le persone a cui si rivolge sempre con il giusto titolo e non dà mai del tu.

Fa effetto vedere la sua bicicletta immobile al bordo di piazza Santa Croce, lontano dal centro – centro, quello di cui fa parte, come la statua di Mercurio che si dice fosse dinanzi al Battistero.

Immobile perché non c’è nessuno con cui parlare.

Perché la pandemia ha sanificato la città da ogni tenerezza e Martino non lo accetta, sicché se camminando non troverebbe nessuno, spera che restando fermo qualcuno gli cada addosso.

Non mi sono fermato: quando la legge vieta gli abbracci, chi ne ha bisogno è condannato a morte dalla epidemia della paura e dalla sanificazione della tenerezza.

Ce la faremo?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/04/2020

Resta a casa, testa di cazzo

Le terrazze, in tempi di pandemia, aiutano.

Aiutano molto.

E’ divertente guardare il mondo dall’alto, anche un mondo a velocità ridotta.

Si finisce per conoscere i vicini.

Come quello dall’altra parte della strada, all’inizio molto entusiasta, il cartello Ce la faremo affisso fuori dalla finestra, l’inno d’Italia alle sei del pomeriggio, gli applausi a scena aperta. Quasi un bel signore e ben vestito. Poi sempre più stanco, sempre più provato, sempre più in pigiama tutto il giorno.

Finalmente è uscito, con la mascherina e le borse per la spesa. Si è fermato per soffiarsi il naso. Ha tirato fuori il fazzoletto di carta. Non si è ricordato di avere la mascherina e se l’è soffiato, con un terrificante moccolo a voce alta, un Dio serpente assolutamente fuori di contesto.

Il suo Ce la faremo di un mese fa, è diventato un sonoro Resta a casa, testa di cazzo. Dal chiuso di una persiana, naturalmente, perché questo è un quartiere signorile, in fondo.

Il Semestre europeo, il barbiere e la domenica pandemica

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/04/2020

La domenica comincia con la barba del sabato

Ci si abitua a queste strade abitate dalle ambulanze e dalle passeggiate dei cani, a questo silenzio irreale spezzato da qualche nota di pianoforte in case senza serenità, ad ascoltare il quartetto alla fine dei tempi al posto delle nozze di Figaro.

E’ una sorta di lunga domenica e la domenica di chi lavorava la terra, quando lavorare la terra era duro lavoro di braccia che addomesticavano cose d’altri e non passatempo di orti pensili, iniziava con la barba del sabato.

Con la coda dal barbiere del paese, l’attesa del pennello e del borotalco, il piacere della lama come una carezza.

Ci si preparava alla domenica.

Non a questa lunga domenica, nessuno ha avuto il tempo per prepararsi a questa lunghissima domenica, nessuno sa neppure quando finirà una domenica in cui le messe sono proibite, soprattutto nessuno sapeva che il giorno dopo sarebbe stata domenica e così il giorno dopo, fino a un quando che è impossibile da prevedere perché il virus non rallenta, il silenzio è un silenzio di ambulanze che lo violentano come se fosse notte, come se fosse sempre domenica.

Eppure la domenica è sempre l’occasione per ripensare a se stessi, alla propria vita, al proprio affannarsi, e questo vale anche per questa strana domenica delle salme e per questa nostra repubblica prostrata dal silenzio delle strade e di chi la governa guardando al futuro con il cannocchiale della paura, facendo della precauzione un principio di governo dell’economia.

E’ il momento di ripensare alla nostra idea di sviluppo e di coesione nel quadro di una governance condivisa non solo dell’economia, fa paura un governo che pensa all’indebitamento come strumento di sviluppo senza individuare le missioni e i programmi che dovranno guidare il rilancio dell’economia, che pensa all’innovazione senza individuare che cosa ha bisogno di essere innovato, che non si accorge che la proposta tedesca di sospendere per un anno il cd. semestre europeo non è un favore ai paesi più colpiti. E’ il modo per evitare alle economie più forti della zona Euro di condividere i propri bilanci, di mostrare come in quei paesi la sovranità nazionale si muoverà egoisticamente per rilanciare la propria economia consentendo alle proprie imprese di aggredire come lanzichenecchi affamati i membri più impoveriti del mercato comune, quelli che saranno costretti a vendere i propri figli più piccoli per dare un futuro ai figli più grandi.

Aprile, nel semestre europeo, è il mese in cui tutti i paesi della zona Euro devono comunicare alla Commissione Europea i propri programma di stabilità e di riforma e mai come in questo aprile di morte e pandemia è stato necessario avere contezza reciproca di quanto ciascuno può fare per venire incontro alle esigenze del proprio paese, mai è stato necessario come in questo aprile dimostrare di essere capaci di pensare insieme al futuro e questo non è un problema di obbligazioni sovrane e di MES, è il punto di partenza per capire quali strumenti attivare e come attivarli.

Rinunciare a questo meccanismo, pensare che questa rinuncia sia un dono è miopia, perché di domenica si pensa al lunedì, si prepara la settimana, si organizza l’agenda e si mettono in ordine le scadenze prima che si troppo tardi per non essere travolti dalla urgenza di una telefonata che rimette in discussione tutto quello che si era pensato di fare.

Spaventa un Parlamento che resta “aperto” solo per gli affari urgenti e che in questi affari urgenti ricomprende unicamente le interrogazioni a risposta immediata, che sono poco più di un rito quando le domande sono allegate all’ordine del giorno di seduta, e la conversione dei decreti legge.

Spaventa una Giunta per il regolamento che si preoccupa di organizzare i lavori dell’Assemblea e delle Commissioni rispettando il distanziamento sociale, piuttosto che cercare il modo di affrontare e discutere in termini costruttivi e di solidarietà nazionale la Decisione di Economia e Finanza, che dovrebbe essere adottata entro il mese di aprile e che, forse, non sembra nemmeno all’ordine del giorno della Conferenza dei Capigruppo.

In questo momento, dobbiamo pensare al futuro della repubblica, ripensare il nostro modello di sviluppo, approfittare di questa domenica e dei fondi che potrebbero essere stanziati per il futuro perché la crisi dell’economia possa essere superata cambiando un modello di sviluppo che ci ha portati alla pandemia. Solo per fare un esempio: quando potranno essere aperti di nuovo ristoranti e alberghi? Quando potranno tornare i turisti? Non lo sappiamo, ma forse sappiamo che il turismo delle città d’arte saccheggiate da stranieri in fila per una schiacciata consuma un patrimonio inestimabile senza dare niente in cambio. E’ un padre che vende i propri figli per un fiasco di vino all’osteria del paese.

Sono queste le cose che dovremmo pensare in questa domenica delle palme senza messe e in questa settimana santa senza vie crucis.

Clockdown

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04/04/2020

La pandemia ferma gli orologi

L’immagine di questi giorni è un orologio automatico che si ferma.

Non perché è guasto, ma perché passa il suo tempo sulla scrivania, a segnare un tempo che passa nella immobilità del distanziamento sociale.

Gli orologi automatici hanno bisogno di muoversi. Il tempo ha bisogno di muoversi. La misura del tempo è misura di un movimento.

Quando il tempo è un bollettino della protezione civile, gli orologi si fermano e con loro tutte le cose che non saranno più come prima.

30 marzo 1934

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30/03/2020

Il 30 marzo 1934 non è un giorno importante nella storia di Italia, furono proclamati i risultati delle elezioni con cui il popolo italiano manifestò la propria adesione al fascismo, il Corriere della Sera ricorda la relazione del Presidente della Banca di Italia, qualche arresto di topi di appartamento, la messa del Giovedì santo dinanzi a Pio XI, la Fiorentina aveva pareggiato con l’Alessandria nell’anticipo di campionato necessario per festeggiare la Pasqua.

C’era tramontana a Firenze ed era venerdì santo: la Pasqua veniva presto in quell’anno.

A Firenze, lo stadio si chiamava Berta.

L’unica notizia di quel giorno, però, per me, sono i tuoi occhi, il loro azzurro tinto di grigio, quel colore che sapeva di pace e di quiete, che non aveva mai smesso di essere ingenuo, neppure quando si sono spenti.

Sono contento che tu non abbia vissuto questa peste, che tu non sia stata chiusa in casa da questa peste, che tu non abbia avuto paura di questo morbo che toglie il fiato e soffoca i sogni, che chiude i bambini in casa e si diffonde nel silenzio delle strade vuote.

Sono contento perché gli occhi di una madre segnano la vita, come quelli dei figli. Si vive per quello che vorremmo quegli occhi vedessero, per fargli vedere solo quello che vorrebbero vedere e io, mamma, questo mondo silenzioso non vorrei che tu lo vedessi, perché ti ricorderebbe tanto il mondo della guerra che i tuoi genitori non ti poterono evitare e che si intravede nelle cronache di quel giornale.

Tornerà come prima?

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28/03/2020

Nemmeno in tempo di guerra

Anziani in fila per il pane. La mascherina calcata sul viso. Occhi soddisfatti: non sono più i soli a essere chiusi in casa. Tutti vivono come loro.

Non c’è festa in chi esce, c’è quella mestizia dell’ora d’aria in carcere, quando il passeggiare è consapevolezza di ciò che è proibito dal peso delle proprie colpe.

La casa è un modo diverso di lavorare, lontano dalle cose e dalle persone, le lezioni sono parole a un monitor e c’è una lentezza terribile in tutto.

Ci si parla a distanza, più di un metro, senza sfiorarsi, senza poter sussurrare e c’è vertigine, attesa, timore, palpabile e pesante.

Molti sono travisati, non mostrano il viso, si nascondono nelle loro mascherine, con la gioia di un carnevale di peste.

Niente tornerà come prima e non riavremo mai più quello che questa peste ci ha portato via mentre ci ammaleremo tutti di quello che ci ha donato: il senso della distanza e del travisamento, il timore di chi abbiamo amato e abbiamo perduto di travisamento e distanza.

Il dono della peste è il vuoto pubblico e sapere che si può vivere nel vuoto è non poterne più fare a meno.

Anche quando il caldo ci avrà restituito le piazze.

Va bene. Va bene così.

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