Il natale delle puttane
E’ facile notare la devalutazione delle signorine di generosi costumi.
Dove era una atmosfera decadente e letteraria, un’ aria di sanatorio che poteva colorare il prezzo dei baci con l’erotismo della tisi, oggi sono ragazze africane, colorate nei loro abiti da troie maltinte, con la stessa aria fuoriposto che avrebbe una cassiera di banca vestita di foglie di palma.
Di solito, salgono su treni improbabili, verso le sette di sera, mangiano cose lontane e di primo prezzo, cantano, si cambiano senza pudore in mezzo alla carrozza, mutano la tuta da ginnastica che copre molte delle poverta’ del mondo con quell’abbigliamento che qualche protettore folle ed ironico ha fornito, più come segno di appartenenza – temo – che come strumento di seduzione.
Tornano sullo stesso treno, riavvolgendo il nastro delle loro vite spiaggiate ai bordi di qualche vialone.
Tornano alle sei del mattino, cercando l’acqua dei bagni intasati per lavarsi, per avere un motivo di sfiorarsi il corpo.
Senza cantare, senza cambiarsi, il sonno di bambine appoggiato nel calore sporco del treno.
Ecco, in questo mattino di postnatale non ci sono.
Non saprei se perche’ ieri sono restate a casa o se perche’ stamani hanno tirato gli straordinari.
So che non le ho viste e che stupito della loro assenza ho percorso due volte il treno che di solito mi porta a lezione e che stamani mi accompagna da un amico.