L’orecchio di sanremo (Ma se Bersani in un singulto di orgoglio rinunciasse?)
Le primarie hanno esaurito i loro risultati. C’è circa l’otto per cento fra Bersani e Renzi, mentre Tabacci, Vendola e la Puppato si spartiscono, in misura molto diversa fra di loro, il venti per cento dei voti residui.
Eppure quello che fa pensare non è questo.
Quello che fa pensare è che il simpatico mariuolo è riuscito dove non si pensava potesse riuscire: ha trasformato una bolla mediatica in un movimento che aggredisce alle basi il modello seguito per l’impostazione delle politiche di centrosinistra.
Che questo modello ha portato alle urne un popolo di oltre tre milioni di persone disposte a file degradanti pur di avere la sensazione di cambiare qualcosa.
Di qui, due osservazioni ed una chiosa.
La prima osservazione è di carattere statistico: Bersani ha più o meno ricevuto i voti che ci si aspettava che ricevesse. Ovvero si sono presentati alle urne coloro che si sapeva si sarebbero presentati alle urne e che hanno confermato le proprie abitudini di voto. La conseguenza è che in questo modo difficilmente il centrosinistra può crescere. Resta quello che è sempre restato negli anni novanta e nella prima decade del nuovo secolo. Al contrario, Renzi ha dimostrato di essere una macchina del consenso formidabile. Con lui, il centrosinistra può sperare di andare oltre il proprio consenso storico. Anche se questo significa accettare una mutazione radicale che il briccone rottamante non ha mai cercato di nascondere e che costituisce la ragione della sua forza elettorale.
La seconda osservazione è di carattere geografico. Il sud è andato interamente a Bersani, mentre il consenso di Renzi è stato forte nelle regioni di centro e del nord produttivo (Valle d’Aosta, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Marche). Renzi non convince la questione meridionale, dove le abitudini di voto sono più agganciate a localismi clientelari che un’ascesa fulminea non ha potuto debellare. Senza l’appoggio del sud, l’Italia può essere complessa da governare, ma il senso di questo voto conferma una frattura e Renzi fa più paura dove il paese è meno produttivo, dove la politica ha bisogno di essere più solidale e meno smart. E’ un motivo per scegliere Bersani? Forse, esattamente l’incontrario: il sud ha bisogno di scelte coraggiose ed il fatto che prediliga chi dà maggiori garanzie di non intraprendere questa via non è carino.Bersani ha più o meno ricevuto i voti che ci si aspettava che ricevesse. Ovvero si sono presentati alle urne coloro che si sapeva si sarebbero presentati alle urne e che hanno confermato le proprie abitudini di voto. La conseguenza è che in questo modo difficilmente il centrosinistra può crescere
Il commento (la chiosa) è di carattere umano. Se Renzi ha detto che non gli basta il premio della critica, Vendola ha detto che avrebbe ascoltato con molta attenzione i due candidati alla guida della coalizione. Non è un linguaggio nuovo. E’ il modo con cui un Forlani avrebbe detto a Craxi se mi alleo con te che cosa mi darai in cambio? Significa che i voti di Vendola non sono automaticamente nel piatto di Bersani, ma significa anche che, forse, gli elettori di Vendola potrebbero non essere felici di essere trattati come fette di una torta da spartire.
Vedremo.Se Renzi ha detto che non gli basta il premio della critica, Vendola ha detto che avrebbe ascoltato con molta attenzione i due candidati alla guida della coalizione. Non è un linguaggio nuovo. E’ il modo con cui un Forlani avrebbe detto a Craxi se mi alleo con te che cosa mi darai in cambio?
Resta la sensazione di una democrazia che sta diventando matura. Le primarie hanno saputo rendere democratica la scelta dei capi e, forse, in parte, l’organizzazione interna dei partiti e questo è davvero un bel segno.
Soprattutto, forse, sembra di poter dire che Bersani molto probabilmente vincerà le primarie. Ma se in un singulto di orgoglio rinunciasse alla propria candidatura in favore di Renzi, forse, il centrosinistra avrebbe davvero la possibilità di voltare pagina e di voltarla a lungo.